Leggo che Gianfranco Fini ha recentemente affermato in un'intervista a Giovanni Minoli che oggi tra gli uomini politici:
"c'e' un minor rigore morale, c'e' una minore capacita' della societa' di indignarsi, c'e' una assuefazione a un modo di essere"
Solo qualche parola al riguardo.
Che il problema della moralità dei politici sia fresco di giornata ed appartenga all'oggi è francamente cosa discutibile.
In ogni caso, visto che il problema numero uno, che piaccia o no, è la moralità del Presidente del Consiglio, spiace dover rammentare a Fini che quello che oggi gli appare un problema, ad alcuni parve un problema già ieri l'altro, da subito, addirittura prima che Berlusconi "scendesse in campo".
L'affermazione sulla dirittura morale appare pertanto risibile e, onestamente, sa quasi di autogoal, perché fa venire alla mente che per oltre 15 anni (quando cioè ha fatto comodo) l'assenza di rigore morale in Berlusconi non ha destato alcuna preoccupazione e non ha costituito alcun ostacolo all'allora Alleanza Nazionale guidata da Fini, che ha colluso candidamente in tutte le malefatte legislative ad personam del Sire di Arcore.
Anche sul fatto poi che la gente non si indigni, parliamone.
Mai come ora si percepisce l'indignazione della maggioranza degli italiani, a tutti i livelli.
Che poi siamo un popolo che non si scandalizza (e che fino ad ora ha taciuto fin troppo), questo è un altro paio di maniche.
Ma l'indignazione, oggi, c'è, si sente e ora si comincia anche a vedere.
Insomma, Presidente Fini, forse sarebbe opportuno pesare un po' meglio le parole, di questi tempi.
Perché per rappresentare il centrodestra della moralità c'è bisogno di ben altro.
E, di certo, dopo la collusione, l'anacronismo non aiuta.