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mercoledì 13 aprile 2011

Lampedusa: chi ha ragione tra Italia ed Europa.



 [Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


Per voler inseguire le nevrosi razziste della Lega, l’Italia è riuscita a mettersi contro l’intera Europa.

Va detto subito: da un punto di vista normativo non vi è alcun dubbio che i vari paesi che ci hanno criticato e l’Unione tutta abbiano ragione da vendere.

Vediamo perché e come siamo riusciti a gestire al peggio la situazione, facendo l'ennesima figura barbina a livello internazionale.

Quando a Lampedusa cominciano ad arrivare migliaia di migranti, le autorità si trovano ad affrontare un problema che richiederebbe come minimo buonafede, razionalità e umanità.

Infatti, se i migranti fossero rifugiati, allora in base all’art. 33 della Convenzione sullo statuto dei rifugiati scatterebbe il dovere di accoglienza: non si possono né espellere né respingere. 
La parola d’ordine diventa allora la seguente: non sono "rifugiati", ma "clandestini". In contrasto con le immagini che ci vengono quotidianamente mostrate in tv, si arriva persino a dichiarare che la maggior parte di loro hanno cellulari e abiti griffati (il Presidente della Regione Veneta Zaia docet). 
Ma poiché il flusso sembra inarrestabile, inizia il pianto, al grido di "il problema è di tale gravità che non può essere considerato solo italiano: deve intervenire L’Europa. 

E l’Europa interviene. Facendo, in sintesi, un ragionamento molto semplice.

Se i migranti non sono "rifugiati", allora diventa operativo l’articolo 5 della Convenzione di Schengen e quindi:

- se i migranti sono in possesso dei requisiti richiesti (documenti e denaro sufficiente per il soggiorno e il ritorno in patria in primis), non gli si può negare l’ingresso (ipotesi più probabile per signori con cellulari e abiti griffati) e quindi nulla quaestio;

- se invece i migranti non sono nelle condizioni previste, l’articolo 5 impone che sia rifiutato l’ingresso allo straniero: se non lo si fa, si viola la norma;

- ultima ipotesi: se si decide l’accoglienza in deroga - come parrebbe aver fatto l'Italia e come d'altronde previsto dall’ultimo comma dell’articolo 5 - allora “l’ammissione è limitata al territorio del Paese interessato”, quindi la questione riguarda esclusivamente l’Italia.

Poiché il ragionamento è inoppugnabile, i nostri furbacchioni a questo punto cosa fanno? Cambiano rotta e invocano la direttiva 55

La direttiva in questione del Consiglio Europeo (emanata il 20 luglio 2001 per far fronte all’emergenza del Kosovo) ha il fine di offrire protezione temporanea (si parla di un anno) in caso di afflusso massiccio di sfollati (ovvero, sostanzialmente, persone fuggite o evacuate da paesi nei quali non possono rientrare se non a rischio della vita). 

Poiché l’articolo 5 della direttiva stabilisce che “l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati è accertata con decisione del Consiglio adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, la quale esamina parimenti qualsiasi richiesta presentata dagli Stati membri affinché sottoponga al Consiglio una proposta in tal senso”, il cerchio si chiude e, a parte il fatto che tale direttiva non è mai stata applicata, ben si comprende come il Consiglio Europeo non intenda considerare sfollati o rifugiati i migranti già dichiarati dalle nostre autorità  clandestini - dotati di cellulari e abiti griffati! - e non provenienti da zone di conflitto.

Per di più, il numero di tali migranti - stimato al momento intorno alle 26.000 unità - non rappresenta certo un caso di massiccio afflusso.

In definitiva, la solita comica all’italiana.

Regia a cura della Lega.

P.S.

Mentre la Lega (partito antieuropeista), per bocca del suo ministro Maroni, urla e si dispera perché l’Europa non ritiene quella italiana un’emergenza straordinaria, di fronte a tanta calamità indovinate un po’ qual è l’unica regione che non ha ancora accolto neppure un migrante? Indizio: ha dieci milioni di abitanti. Esatto: è la Lombardia (la Sardegna, con poco di più di 1.500.000, abitanti ne ha già accolti 1500).
Il perché credo sia evidente a tutti.


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