Corro il rischio, ne sono consapevole, di semplificare una questione che semplice non è.
Però, a volerla dir tutta, ho davvero la sensazione che quella sul quesito referendario di domani sul nucleare, in fondo in fondo, possa essere definita una scelta obbligata.
Parlo di un sì netto, convinto.
Anche perché, lasciatemelo dire, di buon senso.
Non vi sembri poco.
Non è forse al buon senso che la Costituzione prevede ricorra il popolo votante, di certo non composto - nel caso in questione - da oltre 40 milioni di fisici nucleari?!
Alessandro Gilioli, in un post sacrosanto di qualche giorno fa, ha spiegato che il messaggio che verrà fuori da questo referendum va oltre le technicalities, gli aspetti tecnici: sarà un messaggio anche, e forse soprattutto, politico.
Aggiungerei politico in senso etimologico, inteso come messaggio della collettività, alla collettività; di ognuno di noi ad ognuno di noi.
Non un messaggio rivolto esclusivamente ai politici di professione (anche, naturalmente).
Quanto emergerà dalle urne sarà niente di meno che la visione del futuro di un popolo.
L'indicazione di una scelta su come vediamo e come vogliamo che sia il mondo di domani.
In quest'ottica, riguardo agli aspetti tecnici, pensiamoci bene: se scienziati di fama mondiale si mostrano dubbiosi sul nucleare, non dobbiamo tenerne conto?
Possono avere il medesimo peso le opinioni di chi fa ricerca e lavora nel campo del nucleare e lo sostiene e i dubbi di chi, pur studiando e lavorando nel settore, è convinto che il futuro sia nelle fonti rinnovabili?
Io credo di no.
Se un premio Nobel sulla fisica come Carlo Rubbia - esperto di nucleare - si spinge a dire ieri [grassetto mio]:
Una centrale nucleare approvata oggi sarebbe pronta tra 10-15 anni [...]. Noi abbiamo bisogno di impianti con un basso impatto ambientale e tempi di costruzione rapidi. Penso a un mix in cui l'aumento di efficienza gioca un ruolo importante, sole e vento crescono e c'è spazio per due fonti che possono produrre subito a costi bassi [...] Solo dal potenziale geotermico della zona compresa tra Toscana, Lazio e Campania si può ottenere l'energia fornita dalle 4 centrali nucleari previste come primo step del piano nucleare. Subito e senza rischi"
ebbene, credo che questo non possa, né debba essere sottovalutato.
Voglio ripeterlo: oltre alla questione del buon senso, alcuni tecnici di fama mondiale, studiosi del nucleare indicano un futuro senza nucleare.
Siamo certi che vogliamo dar retta a quanti invece (tecnici o politici) ci chiedono di minimizzare rischi e pericoli?
Dopo Černobyl'?
Dopo Fukushima?
Non so a voi, ma a me pare evidente che nella scelta che domani e dopodomani siamo chiamati a compiere tra un futuro energetico drammaticamente rischioso e un futuro senza pericoli - definito non solo possibile, ma migliore da molti prestigiosi scienziati, Rubbia in testa - l'imperativo categorico sia affidarsi a quello che si chiama principio di precauzione, al quale si riferiscono anche il Trattato di Maastricht, la Costituzione Europea e la Commissione Europea.
Primum non nocere, come dicevano i nostri antichi progenitori in una sentenza di ispirazione ippocratica: per prima cosa, evitare ciò che nuoce.
E' per questo, perché si investa e si lavori da subito ad un futuro sicuro, un futuro senza nucleare, che domani esprimerò il più sereno e convinto dei miei SI.
Sperando - per me, per voi, per i miei e per i vostri figli - che anche voi farete altrettanto.