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martedì 6 dicembre 2011

A proposito di equità 3.


[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile] 


Oggi voglio parlarvi di un concorso di bellezza.

Mi riferisco al cosiddetto beauty contest.

Con questo termine* si indica una particolare procedura che è una via di mezzo tra l'asta e la licitazione privata.
La prima ha come scopo, tout court, quello di vendere al miglior offerente; la seconda è una particolare tipologia di asta alla quale possono partecipare solo i soggetti invitati.

Facciamo solo un esempio per il secondo caso, essendo sicuramente il primo piuttosto diffuso.
Un Comune vuole affidare il servizio di refezione scolastica: emana un bando - nel quale specifica eventuali requisiti richiesti per partecipare alla licitazione - e poi sceglie, tra coloro che hanno fatto domanda, i soggetti da invitare alla gara.

Nel beauty contest sono egualmente richieste determinate caratteristiche sia dell'offerente che dell'offerta, ma - a differenza della licitazione privata -  esso è aperto a tutti coloro che rispondono al bando.

Ebbene, quest'ultima procedura è di particolare interesse, perché è stata applicata in modo massiccio nel mercato delle telecomunicazioni.

Ed eccoci arrivati al punto.

Secondo quanto stabilito dall'Autorità delle Comunicazioni (Agcom) le frequenze digitali terrestri disponibili - dopo lo switch off  da analogico terrestre a digitale terrestre - saranno attribuite con il cosiddetto concorso di bellezza, con un sistema cioè non competitivo che in sostanza regalerebbe a Rai e Mediaset (i concorrenti più belli e più ricchi) le più importanti frequenze. 

È stato calcolato che con un'asta pubblica lo Stato potrebbe invece incassare 16 miliardi di euro (pensateci: metà della manovra lacrime e sangue appena approvata) e contribuire alla realizzazione di una libera, plurale concorrenza dell’informazione**.

Caro Presidente Monti, lei che è stato Commissario Europeo dell'Antitrust, crede di poter interrompere - di concerto col suo Ministro dello Sviluppo Economico e delle Comunicazioni - questo deleterio concorso di bellezza e ricorrere ad un'asta pubblica prendendo, come si suol dire, due piccioni con una fava?

Per usare le parole dell'On. Michele Meta - capogruppo del Pd in commissione Trasporti e Telecomunicazioni alla Camera - la cifra in ballo è:
Un bel 'gruzzoletto', che non possiamo permetterci di lasciare indisturbato - come ha pensato di fare il precedente governo Berlusconi per non scalfire troppo il duopolio Rai-Mediaset - se parliamo di rigore e di equità verso tutti i soggetti pubblici, privati e imprenditoriali”.
In caso contrario, potrebbe spiegare a noi ingenui cittadini perché l'Italia non può adottare una misura del genere?
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* Il termine  beauty contest fu introdotto in economia da John Maynard Keynes, nella sua celeberrima opera, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta  (capitolo 12).
** Per chi chi fosse interessato ad approfondire, in generale, l'argomento relativo alle riforme della proprietà pubblica  segnalo Invertire la rotta di U. Mattei, E. Reviglio (Il Mulino, 2007).