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sabato 21 gennaio 2012

Il naufragio della concordia.

[Foto da Reuters.it]

Costa Concordia.

Una tragedia paradigmatica, sotto molti punti di vista.

Di come la nostra sicurezza sia appesa ad un filo sottile. Che non ci vuole poi così tanto a recidere.

Di come possa essere misera la maschera umana. Il Comandante Schettino, quali che siano gli esiti delle indagini, ha finito col rappresentare la summa delle debolezze umane: l’incoscienza, l’irresponsabilità, la viltà.

Di come sia sempre facile - e forse fin troppo scontato - ridirezionare la propria indignazione, categorizzare: da un lato il mostro - Schettino - dall'altro l'eroe - il Comandante De Falco.

Questa nostra propensione a tracciare nettamente il confine tra il Bene ed il Male è apparsa anche stavolta, come in altre occasioni, più di un ‘atteggiamento’: piuttosto un istinto atavico, quasi un bisogno profondo. In qualche modo, forse, una pratica rassicurante, utile ad esorcizzare. E magari anche ad espiare.

Fatto sta che troppe cose non quadrano in questa vicenda.

Schettino non era solo, moldave a parte, quella sera. 
Un intero equipaggio lo supportava.

Questo rende la vicenda più drammatica, certo, ma a pensarci bene al tempo stesso più inquietante.

E rende necessario porsi delle domande.

La società Costa Crociere sapeva del passaggio (troppo) vicino all'isola previsto per quella sera, dal momento che era stato effettuato - e pubblicizzato - altre volte?

E sempre la Costa Crociere - a quanto pare prontamente avvisata da Schettino - quanto e come ha influito nei ritardi relativi alle procedure di evacuazione, magari per evitare l'esborso assicurativo di 10 mila euro a passeggero, ergo 40 milioni di euro?

Costa si è costituita parte lesa. Staremo a vedere.

Certo la superficiale placidità con cui a quanto sembra i gradi apicali a bordo della Concordia hanno affrontato il dramma è talmente eccezionale da apparire quantomeno sospetta.

Anche in barba a tutti i sacrosanti discorsi sulla disorganizzazione e la pusillanimità italiche.

Tutti impreparati? Tutti vili? Tutti incoscienti? Chissà.

Io ho la sensazione che questa vicenda abbia ancora troppi lati oscuri da chiarire per risolversi in una scontata e frettolosa caccia all'uomo (nero).

Che, sia ben chiaro, trovo sbagliata di per sé.

Perché nessun essere umano, a prescindere dalle sue azioni, merita il linciaggio.

La giustizia faccia il suo corso e accerti le responsabilità.

Di tutti.

Quanto a noi, “spettatori” del dramma, in un paese in cui l’etica della responsabilità è fin troppo spesso  assente, credo faremmo bene ad assumerci per prima cosa l'onere di non soffiare sul fuoco della tragedia.

E a tenere a bada l’emotività.

Perché il delicato momento storico lo richiede: questo è tempo di costruire, non di distruggere.

Almeno se vogliamo impedire che la concordia sociale rovini sugli scogli di una cieca indignazione.