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mercoledì 7 marzo 2012

Lettera a Busi.

I funerali di Lucio Dalla a Bologna
[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


No caro Busi, stavolta non ci siamo: il suo articolo  non su ma contro Lucio Dalla davvero mi suscita molte perplessità.

Esaminiamone alcuni punti (in corsivo le citazioni tratte dall'articolo di Busi).
Un omosessuale non pubblicamente dichiarato che quindi se ne strafotta della morale sessuale cattolica, che mai nulla ha espresso contro l'omofobia di matrice clericale che impesta il suo Paese, che mai una volta ha preso posizione aperta per i diritti calpestati dei cittadini suoi simili di sventura politica e civile e razziale.
Capisco il suo punto di vista ma questo non significa che lei possa elevarlo a teorema. Dobbiamo rispettare le scelte, tutte le scelte, non solo quelle che ci fanno comodo. Non possiamo sapere cosa alberga nell'animo di un uomo.
Si può essere gay senza esserne fieri, portando sulle spalle una croce o una vergogna, evitando non solo di esibire la propria condizione ma cercando anzi di nasconderla. Un gay potrebbe addirittura disprezzare l'omosessualità - in se stesso e negli altri - e non ritenere né doveroso, né opportuno, né giusto difenderla. 
L'errore logico consiste nel ritenere naturale che si debba condividere e amare la propria condizione. Può semplicemente accadere di esserne vittima e di essere in totale dissenso con se stessi.*

Seguendo il suo ragionamento, caro Busi, gli afroamericani avrebbero dovuto odiare Michael Jackson colpevole di non aver esibito con orgoglio la sua origine afro, di non aver combattuto per i diritti dei suoi simili ma anzi di aver tentato - minando perfino la sua  salute - di apparire un bianco. 
E gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Io, da parte mia, continuerò a pensare che i veri eroi di Bologna sono i famigliari delle vittime della Uno Bianca e della strage della stazione ferroviaria rimasta impunita, eroi silenziosi sempre più dimenticati, quasi rimossi, attorno a loro io non smetterò un istante di stringermi in un cordoglio senza fine, e purtroppo senza pace.
Questa poi è una sparata del tutto gratuita: nessuno pensa che Dalla sia un eroe e, peraltro, è un'astuzia retorica considerare eroi i famigliari delle vittime. Soffriamo insieme a loro, piangiamo per loro, chiediamo  giustizia per loro, ma lasciamo stare gli eroi.
Conta di più la vita o l'opera?
 Anche questa è retorica e la domanda non meriterebbe risposta.

L'opera non deve essere comparata all'artista. Il libro più letto e stampato nel modo, dopo la Bibbia, è Gli elementi di Euclide. Di Euclide non sappiamo praticamente nulla. È certo un peccato, ma nulla toglie alla grandezza della sua opera.
Il Caravaggio ebbe una vita dissoluta - si rese persino responsabile di un omicidio - ma si può trovare Dio anche in una sua tela in cui la modella della Madonna era una nota prostituta, sua amante.

Busi poi confessa di non conoscere le canzoni di Dalla. 
Non so se le canzoni di Dalla sono belle o brutte, come ne sento l'attacco alla radio, spengo.
Un buon motivo per astenersi da ogni giudizio. Milioni di persone hanno amato queste canzoni e la circostanza merita rispetto. 
Non basta la morte per cancellare la magagna del gay represso cattolico.
La morte di Dalla, caro Busi, è stata pianta da coloro che lo amavano per la sua musica. 
È vero la morte non cancella le magagne ma nessuno ha inteso farlo.
È stato semplicemente celebrato un artista, così come si celebra una persona amata, quale che sia stata la sua condotta di vita.

Sarebbe scontato dire "parce sepulto" se  l'epoca in cui viviamo comprendesse queste parole.

Ma caro Busi - grande scrittore che io ammiro e stimo - lei sì che dovrebbe comprenderle.
Per citare l'Ecclesiaste:

 c'è un tempo per tacere e uno per parlare”.

E questo, senza ombra di dubbio, era il il tempo per tacere.
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*Inutile dire che sto solo considerando un'ipotesi fattuale del tutto indipendente da ogni giudizio di merito. Massimo Gramellini nel suo recente libro Fai bei sogni (Longanesi editore) racconta che per anni - da bambino -si era vergognato di essere orfano di madre e lo nascondeva agli amici.