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sabato 2 aprile 2011

Ma i barbari siamo noi.



[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


I cittadini hanno paura: arrivano i barbari e il paese è in pericolo. 

Certo è seccante mentre si è seduti tranquillamente a tavola sentire su di sé lo sguardo di un mendicante affamato: si rischia di perdere l’appetito.
Su questo nobile sentimento molti movimenti politici hanno fatto fortuna. 

Ma diciamoci la verità: i barbari siamo noi.

I problemi drammatici che stiamo vivendo sono, infatti, l’inevitabile conseguenza della politica internazionale dei nostri governi.

Vogliamo ricordare, ad esempio, che Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania, hanno chiesto insistentemente di revocare l’embargo sulle armi alla Libia?

Vogliamo ricordare che questi paesi - Italia per prima - hanno venduto armi a Gheddafi per centinaia di milioni di euro?

Vogliamo ricordare (lo ha fatto in un convegno sulla pace tenutosi in questi giorni a Pisa il Professor Giuliano Pontara, emerito di Filosofia Pratica all’Università di Stoccolma) il paradosso per cui la Francia fa decollare i suoi Mirage con l’obiettivo militare di neutralizzare gli stessi Mirage che ha venduto al governo libico?!

L’arrivo dei migranti è l'ultimo anello di una lunga e indecente catena di eventi: arrivano nei nostri floridi paesi - rischiando la vita - fuggendo da regioni che noi abbiamo invaso, colonizzato, sfruttato, consegnato nelle mani di dittatori senza scrupoli che si arricchivano alle spalle dei loro “sudditi” con la nostra compiacenza.
Dittatori utili agli occidentali perché tenevano a bada i propri popoli, permettendo a noi di sfruttare le loro risorse naturali - petrolio e gas in primis - e di approfittare dei loro contenziosi per lucrare sul business delle armi.

Insomma, non ci sono solo elementari ragioni di solidarietà - che pure sarebbero sufficienti - che ci chiamano a compiere il nostro dovere di accoglienza
Il fatto è che del destino di coloro che ora bussano alla nostra porta siamo stati e siamo ancora, gli artefici.

Non possiamo lavarcene le mani. 



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