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giovedì 5 maggio 2011

Calderoli, il 1° maggio e l'effetto San Matteo.



[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


Roberto Calderoli, vice presidente del senato e Ministro per la Semplificazione Normativa, ha affermato giorni fa che “la festa dei lavoratori andrebbe festeggiata lavorando” (spero proprio che in quel giorno il Ministro - per onorare il lauto stipendio che noi cittadini gli paghiamo - sia andato in Senato che, notoriamente , è sempre aperto).

La festività del primo maggio, dunque, è da abolire!

Una gran bella semplificazione, non vi pare?

Mi rendo conto che un ministro leghista non può sapere nulla della Rivolta di Haymarket e dei fatti sanguinosi che furono all’origine dell’introduzione negli Stati Uniti d’America del May Day o Labour Day, la nostra festa del primo maggio.
Non dovrebbe ignorare, però, quante lotte sono state affrontate dai lavoratori di tutto il mondo per avere condizioni di lavoro più umane.

La festa del lavoro, caro Ministro Calderoli, si celebra non solo in Cina, ma anche in India, nel Bangladesh, in Inghilterra, in Scozia, in Portogallo, in Francia, in Germania, in Finlandia, in Svezia oltre che negli USA.

La schermata di Google del 1° maggio.

Ma lo sguardo dei Leghisti va poco oltre l’orizzonte padano.

Fermiamoci a riflettere. Alziamo la guardia.
Non dimentichiamo che tale festa fu abolita nel ventennio fascista.
Non facciamoci ingannare o ci ritroveremo a lavorare anche tutte le domeniche e magari non più otto ore ma dieci o dodici ore.

In nome della crescita e dell’occupazione.

Coi ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Vi sembra un banale slogan di sinistra?

Peccato che l’espressione the rich get richer and the poor get poorer descriva il cosiddetto Matthew effect, l’effetto San Matteo.
Una cosa seria.

Il nome deriva dal versetto 25, 29 del Vangelo di Matteo che recita:

Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”.

Si tratta di un fenomeno descritto dall’economista statunitense Robert Merton, premio nobel 1997, che ci spiega come le disparità economiche, sociali e culturali siano fatalmente destinate ad accrescersi nel tempo (potete trovare una chiara esposizione di questa teoria, nel bel libro di Daniel Rigney, Sempre più ricchi, sempre più poveri, ETAS, 2011).

Perciò, lo ripeto: non abbassiamo la guardia.

Perché, ve l'assicuro, il Prof. Merton non è un pericoloso comunista.


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