Ora, intendiamoci.
Non so se la escort barese Patrizia D'Addario sia stata effettivamente "usata per colpire Berlusconi", come lei stessa afferma oggi con gran clamore (naturalmente a Libero).
Che la questione appaia piuttosto inverosimile, al vaglio dei fatti, appare un eufemismo.
Il bello (si fa per dire) di tutta questa vicenda, tuttavia, è un altro: la disinvoltura con cui la stampa filo-Caimano cavalchi una notizia traballante per tentare di sviare l'attenzione dallo psicodramma berlusconiano in atto (con l'Italia economicamente alle corde e una manovra finanziaria appena approvata che ha scontentato tutti) e di riabilitare al contempo l'immagine e la reputazione - sempre più logore - del Sire di Arcore.
Dico questo perché una cosa deve essere ben chiara: il fatto più eclatante della storia accaduta due anni fa - cioè il ricevimento di escort da parte del Presidente del Consiglio a Palazzo Grazioli, sede istituzionale - la D'Addario non lo smentisce, né potrebbe d'altronde, date le prove da lei stessa prodotte in tal senso.
Ora: possiamo stare fino a domani a chiederci se la D'Addario ha prodotto quelle foto e quegli audio perché le hanno consigliato di farlo - più o meno insistentemente - o per sua stessa scelta.
Il motivo dello scandalo rimane intatto: il Premier - quello che per sua stessa ammissione "non ha mai pagato per andare con una donna" - riceveva escort in una sede istituzionale.
Tutto il resto sono chiacchiere da bar.
O notizie da "Libero", se preferite.
Che poi, in fin dei conti, è la stessa cosa. No?