Sono passati quasi vent'anni.
Diciannove per la precisione.
Diciannove anni fa, il 19 luglio del 1992, via D'Amelio veniva squassata da un'esplosione devastante.
Solo due mesi prima era stata sventrata l'autostrada A29, all'altezza di Capaci: per far fuori Giovanni Falcone.
Allo stesso modo, in via D'Amelio, l'obiettivo era un magistrato: Paolo Borsellino, amico fraterno di Falcone.
Oggi, come altre volte, è il giorno della memoria.
Anche perché l'omicidio di Paolo Borsellino è ammantato di mistero e attende ancora uno straccio di spiegazione soddisfacente sulle responsabilità dell'attentato, essendo tuttora aperte fin troppe piste ineffabili ed infamanti per uno stato di diritto che si rispetti e voglia continuare ad essere definito tale, a partire da quella che condurrebbe ai Servizi Segreti (deviati o meno), per arrivare agli intrecci tra mafia e politica.
Il figlio di Paolo Borsellino, Manfredi, in riferimento al depistaggio che sarebbe avvenuto nelle indagini dei mandanti, ha affermato: "È venuto il momento di sapere chi e perché ha organizzato il depistaggio. Si vada fino in fondo".
Rita Borsellino, sorella del magistrato, ha parlato invece di "troppi coriandoli di verità" cui è ora di dire basta.
Il ricordo è un altro modo di dire basta.
Anche per questo, oltre che per il giusto tributo ad un grande italiano - e a tutti quelli come lui - oggi vogliamo ricordare.
Dobbiamo.