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martedì 27 settembre 2011

Il ministro Romano, la politica e l'etica della responsabilità.

Saverio Romano
[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


Il Gip Giuliano Castiglia non ha accolto la richiesta, presentata dalla Procura di Palermo, di archiviazione dell'indagine per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del ministro Francesco Saverio Romano e ne ha disposto l'imputazione coatta. A questo punto i pm entro dieci giorni dovranno formulare la richiesta di rinvio a giudizio.

Questo il fatto.

Il Ministro - ospite domenica della trasmissione In mezz'ora condotta da Lucia Annunziata - lamentava che poiché la Procura ha indagato per otto anni su di lui arrivando a chiedere l'archiviazione, è inammissibile che il Gip assuma un provvedimento che vanifica il lungo lavoro della Procura stessa. La sola ragione che può spiegare tale provvedimento sarebbe, a suo dire, natura politica.

Si vuole colpire Romano per far cadere Berlusconi.

Non voglio né potrei entrare nel merito della vicenda giudiziaria. Mi limito a chiedere al Ministro:

"Se il Gip non può, pena l'anatema e lo scandalo, svolgere legittimamente in qualità di giudice terzo, la funzione di garanzia prevista dalla legge - ed è irrilevante dal punto di vista logico se disponga la proroga della durata delle indagini, decreti l'archiviazione richiesta dal pubblico ministero o disponga l'udienza preliminare - a cosa serve questo benedetto giudice?"

Già che tocchiamo l'argomento voglio rispondere a tutti coloro che rimproverano alle procure il fatto che molti imputati siano poi assolti.
Ebbene, questa è la fisiologia della giustizia.
Se così non fosse a cosa servirebbero i processi?
C'è un magistrato che muove l'accusa (che può sbagliare come qualunque altro essere umano), un avvocato per la difesa, un giudice terzo per il giudizio.

Se il giudizio fosse noto prima non occorrerebbe un processo. 

Ora una notazione politica.

Nel suo libro intervista La Mafia addosso  il Ministro dice che il provvedimento del Gip può essere definito un 'provvedimento ad orologeria' e ricorda che, presago di questo, aveva avvertito il ministro Alfano e il Presidente Berlusconi che la sua nomina avrebbe determinato una svolta negativa nell'indagine che lo riguardava. Svolta puntualmente verificatasi e che - a suo parere - proverebbe la malafede della magistratura (comunista!).
Signor Ministro, le chiedo pertanto:
 "Ammesso e non concesso che ciò sia vero, non le pare da irresponsabili mettere in grave imbarazzo il Governo della Repubblica e il Paese tutto accettando la nomina* ben sapendo che il ministero da lei assunto si sarebbe, a breve, trovato nella prevista bufera mediatica? Le sembra che questo significhi avere senso dello Stato?"
Non provi a rispondermi Sig. Ministro: come è del tutto evidente le mie domande sono retoriche.

Come, infatti, ebbe a dire  Max Weber - fondatore dello studio moderno della sociologia e della pubblica amministrazione - nella famosa conferenza politica Politik als Beruf (1919), occorre distinguere  tra etica  della convinzione e etica della responsabilità.

Sinteticamente: in base alla prima si seguono i propri princìpi assoluti senza preoccuparsi delle conseguenze; in base alla seconda occorre sempre tener presente le conseguenze di ciò che si fa, gli effetti delle propria azioni.

E, dice Weber, solo questa seconda è un’etica veramente politica.

A questo punto non ci resta che sperare in un atto di resipiscenza.

Per il bene dell'Italia.
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*Peraltro poiché lei sostiene di aver cambiato casacca, per così dire, aderendo al gruppo dei responsabili esclusivamente per salvare il Governo e l'Italia in una contingenza drammatica - lo ha anche ribadito in trasmissione - credo sarebbe stato doveroso, per dimostrare al Paese la sua buona fede, rifiutare qualunque carica. C'è, infatti, una cartina di tornasole a proposito dei voltagabbana: si può sperare che siano in buonafede quelli che a cambiar giubba non ci guadagnano.