Il bel post di Luigi sul degrado della scuola mi spinge ad esporre alcune considerazioni in merito.
Se l'Invalsi anziché i temi di maturità sottoponesse a verifica le pagine degli scrittori contemporanei, gli articoli dei giornalisti, i discorsi dei nostri politici i risultati sarebbero altrettanto mortificanti.
Io stesso mi ritrovo continuamente a segnalare errori di ogni tipo.
Ho dovuto scrivere ad un noto chirurgo che si dice "carie" e non "caria", ad un filosofo che si pronuncia satirìasi e non satiriàsi, e gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Parlando con Ezio Mauro, qualche settimana fa, mi sono lamentato degli innumerevoli strafalcioni che appaiono sul suo quotidiano e lui mi ha risposto che non c'è - contrariamente al passato, quando il giornale aveva al massimo sei, sette pagine - il tempo materiale di riguardare tutto.
Insomma il degrado della lingua e il suo impoverimento non riguardano solo gli studenti.
Con questo voglio dire che per quanto riguarda la lingua non mi sembra che si possa attribuire alla scuola tutta la responsabilità. Il mondo di oggi è all'insegna della deregulation in tutti i campi: dal bon ton a tavola al costume sulla spiaggia, dal codice stradale a quello penale, dalla condotta morale - sia pure di facciata, come suggerisce il vecchio aforisma: "nisi caste, saltim caute" - alla dignità e allora perché mai si dovrebbero rispettare la grammatica e la sintassi?
Un tempo per diventare attore o conduttore televisivo bisognava studiare dizione e quindi anche ortoepia.
Alberto Sordi era solito raccontare che era stato cacciato dal corso di recitazione dell'Accademia dei Filodrammatici per non essere stato capace di liberarsi del suo accento romanesco.
Ora basta sentire dieci minuti di radio o di televisione per essere invasi da pronunce improbabili di ogni genere. Che fine ha fatto il Dizionario d'ortografia e di pronunzia realizzato dalla RAI per formare i propri giornalisti impegnati nelle prime trasmissioni?
Concludo dicendo che l'importanza delle competenze e delle regole, è sempre storicamente determinata.
« Moribus antiquis res stat Romana virisque (Lo stato Romano si fonda sugli antichi costumi e sui grandi uomini» scrive Ennio.
« Moribus antiquis res stat Romana virisque (Lo stato Romano si fonda sugli antichi costumi e sui grandi uomini» scrive Ennio.
« Vestiri inquit in foro honeste mos erat, domi quod satis erat (Nel foro era costume vestirsi in modo decoroso, in casa quanto bastava» lamenta Catone il Censore .
Cicerone inneggia spesso nelle sue opere al mos maiorum e così faranno centinaia di anni dopo Tacito e Marco Aurelio.
Insomma quando giudichiamo i mutamenti del nostro tempo difficilmente riusciamo a cogliere nel segno.
Ai posteri l'ardua sentenza.