Prato allagata: in un sottopassaggio hanno perso la vita 3 donne cinesi. |
Prato è una polveriera.
Il problema della convivenza fra comunità pratese e comunità cinese è annoso e di difficile risoluzione.
La questione investe tutte le dimensioni del quotidiano, da quella sociale (QUI un bell'articolo tradotto dal Chicago Tribune) a quella economica, che proprio il 13 settembre ha scomodato nientemeno che il New York Times.
Questa notte tre donne cinesi hanno perso la vita in un sottopassaggio di Prato per l'allagamento dovuto al violento temporale.
Immediata la diatriba sorta attorno alla questione dell'eventuale lutto cittadino da proclamare.
Il sindaco Roberto Cenni (eletto nel 2009 da PdL, Lega, UdC), ha dichiarato, in un'intervista a Cnr media:
"Di fronte alla morte e al dolore ovviamente c'e' la massima solidarietà, pero' per stabilire il lutto cittadino ci sono molte difficoltà, dovute a vari fattori che devono essere presi in considerazione affinché non si formino precedenti che possano condizionare vicende future. Che io sappia a Prato non è stato fatto lutto cittadino né per l'assassinio di un uomo davanti all'ospedale l'anno scorso, né per la morte di due giovani in un incidente stradale un paio d'anni fa, e credo neanche nel 1996 quando tre pratesi perirono in un aereo di linea inabissatosi davanti a New York 5 minuti dopo il decollo con 650 passeggeri a bordo".
Confesso che mentre riesco in qualche modo a capire cosa muove un ragionamento analogico riferito al passato, non mi è affatto chiaro cosa c'entri il timore di istituire un precedente che possa condizionare il futuro.
Mi pare chiaro, a meno che non mi sfuggano gli altri "vari fattori", che la riflessione portante debba essere quella relativa al sentimento della città, quanto cioè la città "sente" l'accaduto.
E temo che sia proprio questo il problema che abbia pesato più degli altri sul piatto della bilancia.
Basta leggere alcuni dei commenti (definiteli voi) dei cittadini pratesi presenti, ad esempio, sul sito www.notiziediprato.it (ovviamente vi sono anche commenti equilibrati di assoluto rilievo).
Certo non ha aiutato la reazione veemente avuta da Matteo Ye, voce influente della comunità cinese di Prato, che in un primo tempo ha soffiato sul fuoco affermando imprudentemente:
''Se dovesse essere confermato il no dal sindaco allora la parola integrazione potrà essere cancellata dal dizionario di Prato. Da oggi si potra' parlare solo di discriminazione e di guerra''Lo stesso Ye ha poi rettificato:
"È stato solo un malinteso linguistico. Il sindaco Cenni ha fatto bene a non proclamare il lutto cittadino per la morte delle tre donne cinesi: poiché il lutto cittadino non è stato dichiarato in occasione della morte di cittadini pratesi, ricordate dallo stesso sindaco, proclamarlo oggi sarebbe stata soltanto una strumentalizzazione"
Questo è il nostro futuro: vogliamo andargli incontro o costruire inutili barricate? |
Fatto sta che a Prato, in qualche modo, prima o poi qualcuno dovrà mettere mano ad un serio progetto di integrazione, che punti dritto ad una comunità multiculturale.
Perché la situazione appare più insostenibile ogni anno che passa. E necessita di interventi strutturali che comincino a costruire realmente un ponte sociale fra le due comunità.
Mi chiedo in tal senso se oggi, in questa tragica vicenda, non si sarebbe potuto dare un segnale forte di comunanza, proclamando appunto il lutto cittadino.
Assumendosi il coraggio di una scelta difficile, che costituisse, questa sì, un precedente, da cui ripartire.
Giro questa perplessità al Sindaco Cenni.
E gli giro anche, dall'archivio del Corriere della Sera, un articolo del 19 luglio 1996 sulla tragedia aerea cui ha fatto riferimento oggi, accaduta il 17 luglio di quell'anno, in cui persero la vita Christine Bailey, Piero Di Iorio e Mauro Tofani di Prato.
L'articolo si intitola: Il Comune di Prato dichiara il lutto per "i nostri tre concittadini caduti".
[Aggiornamento ore 22:15: il Sindaco dispone le bandiere a mezz'asta e 1 minuto di silenzio. Un compromesso accettabile?]
[Sullo stesso tema ho scritto: 11 settembre: ieri, oggi, domani. Il futuro che vogliamo.]
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