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martedì 19 ottobre 2010

Lettera aperta al Direttore Generale della Rai, Mauro Masi.

Il MegaDirettore Masi

Esimio Direttore Megagalattico, Dott. Ing. Lup.Mann. Cav. di Gran Croc. Mauro Masi.

Chi Le scrive è un abbonato trentottenne, che paga il canone da sempre (non sorrida, è così) e che ieri sera l'ha udita a Porta a Porta, dal buon Bruno Vespa, dichiarare:

''Voglio fare le mie scuse ai telespettatori, perché la vicenda Santoro
va avanti da 25 anni e penso che sia un tema che abbia stancato".

Lungi da me, esimio Direttore, supporre una Sua scarsa preparazione sulla storia della televisione, che anzi, in qualità di Direttore Generale della Rai, immagino sia il primo requisito per cui Ella è stato rigorosamente selezionato.

Purtuttavia, a riflettere sulla  Sua dichiarazione per cui "la vicenda Santoro va avanti da 25 anni", continuano a non tornarmi i conti.

Mi permetta di spiegarLe perché.

La carriera televisiva di Santoro inizia con la trasmissione Samarcanda, trasmessa su Rai3 dal 1987 (23 anni fa). Con le sue parole, MegaDirettore, Ella sembrerebbe alludere al fatto che Santoro ha avuto "problemi con la Rai" da quando trasmette.

Sarà stato certamente un lapsus, ne sono convinto. Perché i problemi di Santoro, come Ella certamente ben rammenterà, sono cominciati solo nell'era berlusconiana, ed esattamente nel 2001, a seguito di una puntata del Raggio Verde, dove Santoro parlò dei rapporti fra lo stalliere mafioso Mangano-Dell'Utri e Berlusconi, portati alla ribalta televisiva dall'intervista di Luttazzi a Travaglio nel programma Satyricon.

Da lì cominciò la battaglia di Forza Italia con l'Authority per far chiudere il programma di Santoro (la stagione seguente si chiamerà Sciuscià), che culminerà nell'aprile 2002 nell'editto bulgaro, cosiddetto, in cui, da Sofia, Berlusconi scomunicò Luttazzi, Santoro ed Enzo Biagi.

Insomma, esimio MegaDirettore, "la vicenda Santoro" cui Ella allude ci accompagna da soli 9 anni, dopo 14 di onorato ed applaudito servizio.

E nonostante ciò, Ella coglie perfettamente nel segno: il tema proposto dall'era berlusconiana negli ultimi 9 anni ci ha davvero stancato.
Ecco perché ci auguriamo, al più presto, che questa vicenda, per chiamarla col suo nome "la guerriglia a Santoro" iniziata 9 anni fa, finisca davvero e che, come viaggiando nella macchina del tempo, si ritorni ad un sentire comune in cui le opinioni di tutti, per quanto diverse, vengano rispettate ed ascoltate, e trovino sempre gli spazi giusti per esistere ed essere sostenute.
Perché veda, esimio Megadirettore, Ing. Dott. Lup. Man. Cav. di Gran. Croc. Masi,  gli abbonati come me sono degli strenui sostenitori del concetto espresso dalla scrittrice Evelyn Beatrice Hall (ed erroneamente attribuito a Voltaire), che affermò tempo addietro: 
"Non concordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo".
Subordinatamente,

Luigi Bruschi

P.S. Solo una precisazione, Sua Umanità: le scuse preferiremmo udirle dal Presidente del Consiglio Berlusconi, visto che, 9 anni fa, quando tutto iniziò, il Direttore Generale era un'altra persona e dunque non è riconducibile ad Ella la paternità della questione Santoro. Paternità della questione che, del resto, non è corretto attribuirLe nemmeno oggi, Megadirettore, noi lo sappiamo bene: nonostante l'indiscussa nobiltà del Suo gesto, volto ad assumersi, storicamente e stoicamente, in modo del tutto disinteressato, responsabilità non riconducibili in alcun modo alla Sua persona.

Con sovraumana umiltà.

2 commenti:

  1. non so perché ma leggendo l'articolo mi è tornato alla mente Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau (749-1791. Scrittore diplomatico rivoluzionario agente segreto.
    Autore sembra della celebre frase "solo gli imbecilli non cambiano mai opinione" ebbe buoni discepoli. Osannato, infatti, in vita come "l’Orateur du peuple" fu tumulato nel Pantheon con gran pompa. Ma poco dopo (in seguito a certe rivelazioni) la sua tomba fu profanata e i suoi resti mortali vennero gettati nelle fogne di Parigi.
    Divagavo.
    Come mai pensavo al Marchese de Mirabeau? Ah sì perché un suo celebre aforisma recita: «Il existe quelqu’un de pire que le bourreau: c’est son valet » che possiamo tradurre "C'è qualcuno di peggio del boia: il suo valletto".
    Prof. Woland

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  2. E' proprio vero che al peggio non c'è mai fine!!!

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