"La ragione è un'isola piccolissima nell'oceano dell'irrazionale" (Immanuel Kant)
Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!
La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".
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Nella settimana delle grandi polemiche sull'eutanasia, di nuovo alla ribalta dopo la puntata di una settimana fa di Vieni Con Me, uno dei grandi della storia italiana del '900 ha scelto a modo suo. Come sempre.
La radiologa che lo conosce da 5 anni ha detto che era lucido. Non ne dubitavo. E ha anche aggiunto, in modo inatteso forse: "ha fatto bene".
Non è il giorno, oggi, per discutere di questa difficilissima questione.
Oggi è il giorno per lasciare un piccolo tributo ad un protagonista indiscusso della settima arte, che tanto ha dato a questo paese.
Voglio farlo con le sue parole:
"La vera felicità è la pace con sé stessi. E per averla non bisogna tradire la propria natura"
Addio Mario.
E grazie di tutto.
La Grande Pace...
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Non ci staremo divertendo un po' troppo, caro Silvio?!
Ma mi domando e dico!
Nelle ultime ore ho l'impressione che si siano messi tutti d'accordo, stile Truman Show, per farsi delle matte risate alle nostre spalle.
Ieri Berlusconi moraleggiava sulle "prostitute" che lo accusano (a proposito, ma fino a ieri non le chiamavamo "escort"?!) chiedendosi incredibilmente e letteralmente chi c'è "dietro" di loro!!
Oggi esce la notizia che il mediatore "russian speaking" fra gli affari di Putin e quelli di Berlusconi cui accenna uno dei documenti di Wikileaks sarebbe nientepopodimeno che tale Antonio Fallico, Presidente di Intesa San Paolo Russia.
Insomma prima il lettone di Putin, poi il Bunga Bunga, ora il mediatore Fallico.
Cosa dobbiamo aspettarci ora?
Il Guardaspalle Pistone?!
Truman Show.
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Alle prime pubblicazioni da Wikileaks, Silvio Berlusconi, da Tripoli, replica così:
(1) "Non frequento festini selvaggi". (2) Le ragazze sono pagate per dire il falso. (3) Mi domando chi ci sia dietro di loro".
Affermazione 1: il problema naturalmente sta nell'aggettivo "selvaggi". Perché la dichiarazione orgogliosa del Premier, un mese fa, sull'essere "ospite unico e irripetibile", sul non voler cambiare "lo stile di vita" e sull'"amare le donne" era già stata catalogata con l'etichetta "ammette i festini". Selvaggi no, però. Il Bunga Bunga infatti, si sa, è pratica sessuale esotica ma molto... puritana.
Affermazione 2 (ragazze pagate per dire il falso): anche questo è vero. A leggere bene il contratto con le escort, infatti, proprio dopo l'esplicitazione delle "prestazioni dovute", c'è la clausola del "segreto di stato". E cioè "fatelo, ma negatelo". La menzogna, dunque, è compresa nel prezzo.
Affermazione 3: il Premier si domanda chi ci sia "dietro le ragazze".
Presidente, con tutto il rispetto: se se lo chiede lei chi c'è "dietro" le sue escort, un qualche imbarazzo si crea.
Sotto sotto, si intende.
Sotto sotto.
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Per Brunetta, i problemi dell'Aquila sono gastronomici...
“Pane rancido, speck mediocre avvolto in fette di ananas, salame rancido, il tutto servito da un cameriere per caso”.
Questa la critica del Ministro Brunetta inviata via e-mail al responsabile del catering del buffet organizzato - a titolo gratuito - in occasione del Forum itinerante della Pubblica Amministrazione.
Dove? A L'Aquila.
Peccato che la città stia vivendo altri problemi, a 19 mesi dalla tragedia del terremoto, e peccato soprattutto che la ricostruzione promessa sia drammaticamente ferma, al punto che sabato scorso, il 20 novembre, è stata indetta la manifestazione nazionale "L'Aquila chiama Italia".
Lo so: paragonare la qualità del pranzo del Ministro Brunetta alla qualità della vita dei cittadini aquilani è "vincere facile".
Ma non sembra anche a voi che questi episodi diano il senso dell'abissale distanza, anche semplicemente emotiva, che separa noi cittadini "senzienti" da certi "mestieranti" della politica?
D'accordo: ci saranno pure camerieri per caso, in giro per il mondo.
Ma diciamocela tutta: meglio camerieri per caso, che Ministri per sbaglio.
Empatia.
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Non so se Bersani abbia fatto bene a salire sui tetti con gli studenti per affiancarli nella protesta.
Personalmente non amo molto i "coup de théâtre" degli uomini pubblici. Ma tant'è, può anche darsi che ogni tanto ci voglia.
Sul gesto di Bersani, la dichiarazione della Gelmini è stata: "Non si capisce se (l'ha fatto) in veste di segretario precario del Pd, piuttosto che di studente ripetente".
La reazione di Bersani? Rendere pubblico il suo libretto universitario con l'elenco degli esami superati e di tutti i voti, esame per esame (e che voti!). Bersani ha poi sfidato il Ministro Gelmini a fare altrettanto.
Suor Maria Stella: ora pro nobis...
Bersani provoca di proposito. Molte sono le voci sull'opacità della (Maria) Stella scolastica: rendimento mediocre a scuola, una laurea in Giurisprudenza dai contorni non proprio lusinghieri (si parla di una votazione finale nell'ambito dei "100" e rotti su 110, ampiamente fuori corso, con una tesi "sciatta" che non ha meritato più di 1 punto...).
Insomma cara Maria Stella, ora tocca a lei: le si chiede in sostanza di... "prendere i voti".
Del resto i tre consigli evangelici principali non sono forse già capisaldi della Scuola odierna versione Gelmini?
Anche Grillo critica Saviano: uno sport nazionale che fa male a tutti.
Ancora critiche nei confronti di Roberto Saviano.
A parte i Soliti Noti del Giornale e di Libero, ovviamente.
Stavolta ha colpito Beppe Grillo: Saviano, a suo dire, "deve fare i nomi". Se non fa nomi, rende tutto vano ed anzi "fa godere" Berlusconi, visto che il programma di RaiTre è della Endemol che è di Berlusconi. E via discorrendo...
A parte ribadire il concetto che chiunque attacchi Saviano in questo momento non rende un buon servigio alle idee e ai valori di cui Saviano è indiscutibilmente "portatore sano", non voglio ripetere ora quanto ho già detto nella lettera aperta a Marco Travaglio, che all'indomani della prima puntata di Vieni Via con Me ebbe a criticare lo scrittore partenopeo.
Dopo le parole di Grillo, piuttosto, voglio fare una considerazione diversa.
Questa: il Messia non esiste.
Dobbiamo capirlo.
Dobbiamo farcene una ragione.
Non è un Messia Beppe Grillo. Non lo è Marco Travaglio. Non lo è Nichi Vendola. Non lo è Silvio Berlusconi. Non lo è Gianfranco Fini.
Lessi una volta, su una rivista, un articolo che analizzava gli aspetti sociologici della politica italiana: la tesi dello studioso è che uno dei mali dell'elettore italiano è il voler essere a tutti i costi rappresentato con precisione nelle sue idee personali. E questo sarebbe anche uno dei motivi principali per cui da noi esistono da sempre una miriade di partiti e movimenti... Un'idea un partito, praticamente, se ci pensiamo bene.
Questa riflessione mi è rimasta dentro e ancor oggi mi ronza nella testa: fin quando non capiremo che per far coincidere le esigenze di milioni di persone appartenenti ad un popolo non possiamo (né dobbiamo) continuare a cercare qualcuno che rappresenti puntualmente le nostre singole idee (perché in quanto singole saranno senz'altro minoritarie!), beh, fino a quel giorno non potremo mai definirci davvero un elettorato maturo.
E continueremo a farci folgorare dal carisma (più che dai contenuti) di chi, ad esempio, dice "meglio" le cose o ci sembra "più convinto" o "più convincente", o magari ci sta più simpatico, o addirittura dice quella singola cosa che è l'unica che a noi interessa veramente...
Fermiamoci un attimo e pensiamoci: il Messia non può esistere. E perdonate l'osservazione volante: quando storicamente ve n'è stato uno (che dicevano essere il figlio di Dio), la traduzione concreta del suo pensiero è stata nei secoli drammaticamente "imperfetta" (per essere eufemistici).
Smettere di pensare al Messia, se mai dovessimo riuscire in questa titanica impresa, vorrà dire aprire la mente ai veri contenuti della politica; cominciare a pensare a quello che è meglio per la comunità che formiamo stando insieme e per quella che sarà un domani (e non solo a quello che è meglio per me, per la mia famiglia, o al massimo per la mia "casta"...).
In tal senso non può esistere l'Uomo della Provvidenza, l'Unto, il Prescelto, che con la bacchetta magica risolve tutti i problemi.
Questa concezione fideistica e trascendente della politica non può che portare alla rovina. Perché per quanto un uomo solo possa essere illuminato, dovrà comunque giocoforza circondarsi di centinaia di persone che siano capaci diincarnare valori ed ideali; persone che dovranno lavorare con la propria testa e con autonomia (non con servilismo e dipendenza dal Capo), dando forza alla diversità dei singoli nel rispetto dell'uguaglianza dei princìpi fondamentali della democrazia.
Per scegliere questi uomini si deve guardare alla loro vita, all'esempio che offrono, alla coerenza dei contenuti e dei valori che dichiarano e sulla base dei quali propongono strategie risolutive (e non ricette miracolose).
Per questo non esiste un Messia: perché deve esistere una comunità di politici, di professionisti, di cittadini, che lavorano febbrilmente non per sbarcare il lunario, ma per costruire a favore di tutti la stabilità sociale di oggi e la solidità sociale di domani.
Dopo tutta questa tirata mi si potrebbe domandare: "se non esiste un Messia, neppure Roberto Saviano dunque è un Messia: perché difenderlo allora"?
Il punto non è che bisogna difendere Saviano. Il punto è che non bisogna attaccarlo.
Non è un sofisma, attenzione. Non è la persona che va preservata, vanno preservati i contenutiche esprime e di cui è portatore.
Pensateci: è il motivo per cui lo attaccano Il Giornale, Libero e certa destra populista (Pdl e Lega in testa).
Lo attaccano per attaccare le sue idee. A loro interessa che non passino i concetti di Saviano e sanno che screditando Saviano, indeboliscono i contenuti delle sue idee.
E invece quei contenuti vanno difesi.
Saviano ha detto: il problema dei rifiuti della Campania è un problema di tutti, non solo della Campania, perché lì confluiscono rifiuti anche del Nord. Cosa è diventato questo messaggio per i detrattori? "Saviano dà la colpa dei rifiuti campani al Nord".
Saviano non è il Messia. E' uno dei tanti che tenta di combattere il marcio con la forze delle idee e delle parole.
E noi di queste voci abbiamo un immenso bisogno.
Per questo che dico: "per favore, lasciamolo parlare".
Nel giugno scorso, Marcello Dell'Utri, senatore del PdL e fedelissimo del Premier Silvio Berlusconi, ha visto confermata la propria condanna in appello: sette anni perconcorso esterno in associazione mafiosa.
Di un paio di giorni fa la notizia che sono state depositate le motivazioni della condanna:
"Dell'Utri ha svolto un'attività di mediazione come canale di collegamento tra Cosa Nostra e Silvio Bierlusconi"
"Tanta roba", no?
Ebbene, l'Augusto della Disinformazione, Menzognini, ne fa un'altra delle sue nel telegiornale della rete ammiraglia da lui diretto, il Tg1: glissa cioè sulle motivazioni dei giudici e intervista il condannato in 2° grado. Cosa dice Dell'Utri?
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Ora ci arriviamo. Prima facciamo un passo indietro.
Nel 1983,un ordigno esplode in prossimità dei cancelli della villa di Berlusconi.
Berlusconi è convinto che l'autore sia Vittorio Mangano e ne parla in una storica telefonata con Marcello Dell'Utri. Ecco l'intecettazione fatta dalla polizia di quella telefonata:
Il dialogo fra i due è chiarissimo: parlano di Mangano come di uno del "mestiere", uno che "anziché una raccomandata mette una bomba", ecc. Segno inequivocabile che sanno bene, sia Berlusconi che Dell'Utri, che tipo di delinquente sia quello che ebbero modo di definire anni dopo un eroe,Vittorio Mangano.
Ciò detto, ecco quello che ha dichiarato al Tg1di Menzognini il Senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, 27 anni dopo quella telefonata:
Dunque Dell'Utri dice che non sapeva che Mangano fosse mafioso. Come no.
E tuttavia, la cosa più ridicola di tutta l'intervista, se non fosse a dir poco inquietante, è la delicatezza con cui Dell'Utri dice di Mangano "Fattore, detto 'stalliere' ma lui si offendeva perché era fattore"...
Non voglio aggiungere altro.
Se non che appare francamente ancora una volta grave ed intollerabile come il Tg1 si presti alla difesa d'ufficio di Dell'Utri, sospetto mafioso, coprendo tutto ciò che è utile al telespettatore per formarsi un giudizio personale ed autonomo.
Per costruire a forza di menzogne una squallida e vergognosa manipolazione dell'opinione pubblica.
Altro primato: imprese italiane fra le più tassate al mondo.
6 febbraio 2010.
Berlusconi: "Abbiamo abbassato le tasse togliendo l'ICI e 2 miliardialle imprese".
Novembre 2010.
Uno studio denominato Paying Taxes 2011, condotto da Banca Mondiale e dalla società di consulenza PwC: l'Italia è al 167° posto su 183 paesi al mondo (!) per peso delle tasse sulle imprese.
Qualche numero non torna, caro Silvio...
Delle due l'una: o Berlusconi dà i numeri...
... o la Banca Mondiale è comunista.
Tertium non datur...
A buon imprenditor, poche parole...
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Il Giornale punta il suo mirino su Roberto Saviano.
Proprio così. La caccia all'uomo è ricominciata.
Il nuovo obiettivo è Roberto Saviano.
Il Giornale lancia una campagna contro lo scrittore, reo di aver dato del mafioso a tutto il nord.
Ridicolo?
Sulla carta lo sarebbe. Se non fosse anche profondamente pericoloso.
Perché? Perché l'apertura del metodo Boffo al "pubblico", attraverso una campagna popolare (e populista) contro Saviano, appare come l'anticamera di quella "guerra civile" uscita dalle labbra di Silvio Berlusconi.
Davanti ad uno scrittore che con coraggio parla delle Mafie, uno dei problemi più drammatici di questo paese, e ne svela i meccanismi meno noti dell'infiltrazione al Nord e dei rapporti col potere (che al Nord si identifica con la Lega), la reazione del più importante quotidiano di centro-destra è quella di abbattere il nuovo nemico a colpi di firme.
La domanda è: dal momento che ciò che ha detto detto Saviano risponde al vero ed è di dominio pubblico almeno per chi lavora nel settore del giornalismo, la campagna "contro" del Giornale (ribattezzata "nonsonomafioso") cui prodest, a chi fa comodo?
Alla Lega di sicuro (e dunque di riflesso all'alleato Berlusconi). E passi pure.
Il fatto è, purtroppo, che tutto ciò finisce col far comodo anche alle Mafie.
Denigrare chi combatte la Mafia equivale a ridimensionare l'importanza di quella battaglia e, dunque, a dare a quella battaglia sacrosanta menoforza e meno valore.
E voglio dirlo con chiarezza: è proprio di questo, cari signori del Giornale, che vi dovreste letteralmente e semplicemente vergognare.
Caccia all'uomo.
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"Non ero al corrente che si trattasse di un crimine così grande".
Questo ha dichiarato Rafael Sansò Riera, prete della parrocchia di Vilafamés (Spagna) arrestato per la detenzione e la distribuzione (in file-sharing) di 600 GB di materiale pedopornografico.
Quello che mi sgomenta di una simile affermazione è quel "così": il pensiero che un'azione sia un crimine non è di per sé sufficiente per non commetterla? Bisogna sindacare su quanto sia grave il crimine? E comunque: il fatto che vengano coinvolti dei bambini come può non qualificarlo automaticamente come un crimine grave?
Sia ben chiaro, non intendo crocifiggere l'uomo: so bene che queste problematiche affondano le loro radici in gravissime patologie che fin troppo facilmente vengono liquidate dall'opinione pubblica ricorrendo all'etichetta del "mostro".
Il mio timore è che in quelle parole vi possa essere non soltanto il male di un uomo, ma quello di una società che sta perdendo i riferimenti di ciò che è grave e di ciò che non lo è.
Perché quando la legge degli uomini comincia ad essere percepita come discrezionale, ho la sensazione che la legge di Dio (che i laici chiamano legge morale) sia già stata dimenticata da un pezzo.
Ed è esattamente su questo che c'è tanto bisogno di lavorare: dalla famiglia, alla scuola, alla Chiesa, alla politica, alla società.
Per ricostruire il senso ed il significato del nostro vivere insieme.
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"Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me" (I. Kant)
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Da mesi, come sapete, sostengo che la fine (che appare sempre più prossima) dell'era berlusconiana mi incute non poco timore: mi appare imprevedibile; ne scorgo con difficoltà i risvolti; temo, soprattutto, gli esiti della filosofia del "tutto per tutto" che da sempre ho ritenuto la strategia più probabile di un Berlusconi che si percepisse all'angolo.
In cauda venenum, recita un motto latino. Ed io, di quel veleno, a mano a mano che la coda comincia a palesarsi, divento sempre più timoroso.
I segnali, purtroppo, non sono buoni.
E bisogna dirlo, con forza persino, perché non accada tutto "all'improvviso" e non si possa dire: "caspita, mi ha colto di sorpresa, non me l'aspettavo".
Sveliamoli, questi segnali.
Berlusconiha dichiarato: "se questi fanno un governo tecnico, noi gli scateneremo contro la guerra civile. Avranno una reazione come nemmeno si immaginano"...
Nosferatu Sallusti, come ha ben sottolineato Gilioli, ha parlato di traditori, ha alluso a Salò, ha menzionato l'8 settembre...
Sempre Berlusconi, nel dichiarare ai suoi la strategia comunicativa di avvicinamento alle nuove elezioni, ha ufficialmente imposto il termine di "traditori" per i finiani e per tutti coloro che oseranno contornarsi di qualche esponente di Futuro e Libertà da qui in avanti, che saranno d'ufficio etichettati come nemici.
Ultimo segnale? La proposta di Berlusconi di sciogliere la sola Camera dei Deputati e votare solo per quella.
Dubbi dei costituzionalisti a parte, il problema è un altro: in modo più o meno palese, questa richiesta mira ad uno scontro istituzionale con chi ha il potere di sciogliere il Parlamento, e cioè il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
E la domanda è: cosa accadrebbe se, come ne avrebbe facoltà, Napolitano decidesse di non sciogliere la sola Camera dei deputati e Berlusconi evocasse lo spettro del tradimento della volontà popolare (magari condito con la provenienza politica storica del Presidente della Repubblica, visto che in campagna elettorale, l'epiteto comunisti Berlusconi non l'ha mai negato a nessuno).
Non credo ci troveremmo in una situazione così semplice da gestire.
Forse è il caso di cominciare ad alzare la voce, su questi segnali.
Possibilmente, prima che sia troppo tardi.
La palude del Caimano.
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Un Travaglio perplesso: come me dopo le sue critiche a Saviano.
Beh, Marco, fattelo dire.
Non mi è piaciuto affatto l'affondo che hai fatto a Roberto Saviano.
Premetto che condivido al 99% lo stile e la professionalità con cui affronti la storia e l'attualità di questo paese. Un'informazione sempre documentata, anzi ben documentata, con un'attenzione quasi spasmodica alla rigorosità delle fonti, che io apprezzo particolarmente.
Ciò non toglie che criticare Saviano per i contenuti da lui espressi nel programma "Vieni via con me" mi è apparsa un'operazione maldestra. Certo stonata. Forse perfino sbagliata.
Non tanto perché non sia lecito avere un'opinione diversa o fuori dal coro (anzi, ben vengano sempre), quanto perché, a mio giudizio, caro Marco, ci sono momenti in cui l'ipercriticismo deve lasciare il posto ad un'attribuzione di valore di segno assoluto (o "+" o "-"), senza se e senza ma.
E questo, secondo me, era uno di quei momenti.
Vedi Marco, io non penso che si debba aver timore di dire che la trasmissione di Fazio e Saviano dell'altra sera è stato uno dei pezzi più interessanti della Rai degli ultimi anni (specie nella fascia prime time).
Lasciami andare oltre: un piccolo miracolo della televisione pubblica dell'Era "Masozoica".
I contenuti? Densi e significativi. I riferimenti all'attualità? Quanto bastava perché ognuno capisse, perché ognuno collegasse.
La macchina del fango, l'eroe Falcone beatificato più postumo che in vita, l'unità italiana, gli attributi degli omosessuali, l'importanza della cultura, i motivi e le contraddizioni per andar via o restare nel nostro paese sono tutti messaggi arrivati dritti dritti dove dovevano, in chi voleva (o poteva) recepirli.
In tutto questo, salvare solo Benigni, caro Marco, appare quasi una piccola grande gaffe intellettuale.
E nel cercare, diciamo così, il pelo nell'uovo, vorrei dirti che credo tu abbia commesso in definitiva almeno due errori fondamentali.
Il primo, anche se immagino che tu intendessi fare probabilmente il contrario, è aver ridimensionato, agli occhi di una certa opinione pubblica, i molti contenuti valoriali espressi dalla trasmissione (non solo da Saviano). Col risultato che in qualche modo li hai indeboliti.
E questa è un'operazione che secondo me comporta dei pericoli: perché il messaggio che rischia di passare è che su alcuni valori chiave ci possono essere dei distinguo a seconda di come vengono veicolati. Cosa che non è (e non deve essere).
Ed ecco il secondo errore: quello di aver dato mostra di pensare che c'è un solo modo per far arrivare certi messaggi: il tuo. O si è rigorosi, oltranzisti, inflessibili, tranchant o ciccia.
E ancora una volta, Marco, consentimi: semplicemente, non è così.
La forza delle idee non può essere definita, codificata, delimitata, ristretta, ingabbiata.
E si manifesta nelle forme e nei modi più impensati e diversi: con un grido; con il silenzio; con una parola; con un'immagine; con un sorriso; con una lacrima...
Saviano l'altra sera è arrivato dove voleva e doveva arrivare.
Si poteva fare meglio? Si poteva essere più precisi? Si poteva essere più o meno qualcosa?
Beh, la risposta a queste domande, nella vita di ognuno, è quasi sempre sì.
Ma caro Marco, quello che mi piacerebbe chiederti è: sei davvero sicuro che porre questi interrogativi, in qualsiasi circostanza, faccia sempre bene?
Perché io, l'avrai capito, credo proprio di no.
Tuo affezionato lettore
Luigi Bruschi
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Caro Travaglio ti scrivo...
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"Penso che oggi il Parlamento avrebbe dovuto riunirsi per esprimere solidarietà agli amministratori e al popolo del Veneto, alle prese con una catastrofe di grandissime proporzioni, e invece stiamo qui a discutere del crollo di un tetto, questa è la verità".
Vi confesso che in questa affermazione ci sono più aspetti che mi lasciano perplesso.
Il primo è relativo alla funzione del Parlamento. Che, stando ad una simile dichiarazione, si sarebbe dovuto riunire "per esprimere solidarietà". Ho la sensazione che per tante questioni il Parlamento avrebbe potuto riunirsi riguardo all'emergenza veneta, dalla discussione della tragedia, alla proposta delle soluzioni, ad uno stanziamento speciale di fondi, ecc. Quanto all' "espressione della solidarietà", non mi sembra materia che possa essere messa all'ordine del giorno di un organismo deputato alla funzione legislativa.
Il secondo aspetto che mi inquieta è che il tetto di cui si parla è quello della Domus dei Gladiatori di Pompei e, disgraziatamente, non si tratta però di un tetto soltanto, ma dell'intera Domus.
Lungi da me quantificare la gravità dell'una e dell'altra sciagura, così diverse fra loro che trovo assolutamente pretestuoso e demagogico metterle a confronto.
Troppo facile far leva sull'emotività di una regione scossa da un alluvione, istituendo un paragone con delle "fredde, vecchie e inutili mura di una città morta da secoli"...
E in tal senso, una classifica della gravità dell'affermazione in esame in base a chi l'ha pronunciata, invece, mi sembra opportuno farla.
Sul podio, al primo posto, come unico politico che non avrebbe mai dovuto nemmeno pensare una cosa del genere (figuriamoci dirla), non può che esserci una persona sola.
Se è vero quello che scrive Alessandro Campi (ideologo di FareFuturo), sull'ipotetico "patto" che potrebbe siglarsi nel centrodestra fra un Berlusconi che si fa da parte e un Fini che ne prende il posto, per la conclusiva apertura delle porte del Quirinale per Silvio, mi toccherà rivedere il tenore del mio post di ieri sui "valori" messi in campo da Futuro e Libertà.
Se invece non è così, come mi auguro vivamente, bisogna segnalare che vi sono già i primi segnali positivi per la "nuova" politica di centrodestra che Gianfranco Fini ha illustrato a Perugia.
Perché? Perché Avvenire, dopo il discorso di Perugia, ha già sferrato il primo attacco. Sulle coppie di fatto, naturalmente.
Il che significa pertanto una cosa sola: che Fini ha imboccato la direzione giusta.
Ok: la strada è giusta!
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So che scrivere questo post mi costerà. Ci penso da ieri sera. E traccheggio, procrastino. Eppure lo ritengo necessario. Come ogni momento di profonda autocritica. Come questo vuole essere.
Allora, vediamo.
Ieri Fini ha parlato. Ha detto molte cose. Alcune mi sono piaciute, altre meno. Ma non è esattamente su questo che ora vorrei riflettere.
Vorrei parlare, col pretesto del discorso di Fini, del centrosinistra. Del modo di interpretare la politica del centrosinistra (del "mio" centrosinistra) in questo momento storico delicatissimo.
Per parlare di questo ho bisogno di riassumere il discorso di Perugia fatto da Fini.
Tento una sintesi estrema, in 10 punti:
1. Valori e progettualità.
2. Centrodestra "europeo".
3. Identità nazionale.
4. Legalità.
5. Rispetto per la persona.
6. Centralità del lavoro.
7. Importanza della famiglia.
8. Lotta al decadimento morale.
9. Dibattito politico come terreno di confronto e non di scontro ("no ai tifosi delle curve").
10. Dimissioni di Berlusconi per ripartire da due grandi temi: nuovo patto sociale e nuova legge elettorale (altrimenti FLI fuori dal governo).
Ed ora pongo un quesito semplice e il più possibile diretto: c'è veramente qualcuno, a sinistra, che si sente di affermare, con tutta onestà, che questi punti non siano grosso modo condivisibili ed anzi necessari per il nostro paese?
Voglio essere ottimista: credo di no.
Ebbene, tutto quello che sono riusciti a fare i vari leader di centrosinistra è stato sottolineare il poco coraggio e l'incoerenza col passato (Di Pietro), i tatticismi e il gioco del cerino (Bersani), il "plagio" della citazione veltroniana di Saint-Exupery e via discorrendo.
Tutto, insomma, tranne che considerare i contenuti.
E lo confesso, mi è dispiaciuto constatare che nella stessa "trappola" sono caduti anche "i giovani rinnovatori" (o "rottamatori", come li chiama qualcuno), quelli che molti ritengono il futuro della dirigenza del PD (e che io personalmente stimo): Matteo Renzi e Giuseppe Civati.
Le ragioni di un simile comportamento politico che, lo voglio ripetere, prescinde dall'analisi dei contenuti del discorso, possono essere le più disparate:
(1) Opportunismo: timore cioè che plaudire Fini se parla di valori che pure condividiamo, vuol dire dare importanza a lui, sminuendo "noi".
(2) Ottusità: incapacità di ascolto quando a parlare è l'avversario, chiunque sia.
(3) Disistima: Fini può dire quello che vuole, ma rimane Fini l'ex e post-fascista, Fini il berlusconiano fino a ieri, ecc. ecc.
(4) Arroganza: di certi valori siamo detentori solo noi; se qualcun'altro li rivendica, non è sincero.
Qualunque sia la ragione, o il mix di ragioni, che stia muovendo il comportamento dei leader di centrosinistra, voglio affermarlo con forza: è un grande errore.
Abbiamo sprecato un'altra occasione per dire la cosa giusta al momento giusto.
Qual era?
Questa: "Fini ha detto cose giuste. Vogliamo credergli. E crediamo fermamente anche noi in una politica che si muova su valori condivisi trasversali e che, per il bene comune, agisca quotidianamente per confrontarsi più che per scontrarsi".
Punto.
Poi, e solo poi, si doveva discutere sul resto.
E invece abbiamo cancellato i contenuti. Ridotto tutto all'analisi della soluzione della crisi, piuttosto che all'analisi della crisi stessa.
E pongo il secondo quesito: vogliamo renderci conto che siamo partiti (2008) da un Berlusconi (Pdl+Fini) al 38% e ora ci ritroviamo, nelle intenzioni di voto, un Berlusconi al 28% circa (con Fini al 7-8%)?
Vogliamo renderci conto di cosa significa questo, per un'Italia che abbia voglia e bisogno, come da sinistra diciamo da anni, di ricominciare?
L'ho già detto e lo ribadisco: è da quel 7/8% (che mi auguro in crescita) che può rinascere un dialogo politico vero, un centrodestra maturo, un'Italia più moderna. Una destra sana che vota chi proclama la legalità e la moralità (scusate se è poco).
E invece no. Continuiamo a giocare al "benaltrismo" (la filosofia per cui "ben altro ci vorrebbe"...). A fare dichiarazioni da propaganda elettorale. Ad essere come al solito "contenti a metà". A guardare dall'alto in basso.
Ad essere insomma, permettetemelo, la "solita", cara, vecchia copia, sempre più sbiadita, di una sinistra intellettualistica e snobista che negli ultimi anni ha dissolto più e più volte leader, programmi e aspirazioni di un elettorato sempre più stanco e scorato.
Una sinistra che, ancora in preda alle sue crisi di identità, continua a giocare all'infinita ed inutile partita fra rossi e neri, anche quando qualcuno tende una mano (Fini, punto 9 della sintesi). Politicamente, si intende.
E anche quando chi tende una mano sta parlando una lingua diversa, che allude all'incontro dei valori e al sotterramento dell'ascia di guerra tanto amata da Silvio Berlusconi (e tanto disastrosa per il nostro paese).
Il berlusconismo è nato dallo scontro e dalla demonizzazione. Morirà grazie all'incontro e all'unione degli interessi comuni.
Il vento sta cambiando.
Cambiamo anche noi? Noi a sinistra, intendo.
Potrebbe essere l'ultima chiamata, temo.
Per quell'isola che tanti di noi, a sinistra, hanno pensato in questi anni che non esistesse. L'isola che non c'è della politica dei valori condivisi, sia pure nella diversità dei progetti.
A questa chiamata, non facciamo finta di nulla, rispondiamo.
Anche questo è politica. Rispettare l'avversario. Dargli ragione se dice cose giuste. Collaborare, persino, in vista del bene comune.
Tutte cose che, negli ultimi anni, sembriamo aver dimenticato.
Insieme al piacere, genuino e puro, della "vera" politica.
Che dobbiamo, ad ogni costo, ricominciare a fare.
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Seconda stella a destra...
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A caldo, ecco una sintesi discorsiva dell'intervento di Fini alla convention di Futuro e Libertà a Perugia (alla fine il video degli ultimi 6 minuti, con la richiesta di dimissioni a Berlusconi; mentre alcune riflessioni le trovate nel mio post Seconda stella a destra...):
Se ci guardiamo intorno pensiamo di poter dire che abbiamo tutto il diritto di essere molto, molto soddisfatti.
Avevano detto “sono 4 gatti”, insignificanti, e in poche settimane, ci ritroviamo ad essere politicamente determinanti per le sorti del governo ma soprattutto (senza presunzione) per l’avvenire della nostra patria.
Questo piccolo miracolo da cosa è stato determinato? Gli artefici siete stati voi e quelli che idealmente sono qui con noi. Chi ha dimostrato che può vincere ancora una sfida basata su valori e passione civile. Un progetto ideale da anteporre ad un interesse personale.
Siete qui per un’idea dell’Italia, non per una persona.
Nessuno vi chiederà di cantare “per fortuna che Fini c’è”!
Gli uomini passano, le idee restano. I progetti sono proiezione verso il futuro.
Questo progetto è corale assunzione di responsabilità.
Saint-Exupery spiega cosa è accaduto (legge:) “«Se vuoi costruire una nave non richiamare prima di tutto gente che procuri la legna, che prepari gli attrezzi necessari, non distribuire compiti, non organizzare lavoro. Prima risveglia invece negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà svegliata in loro questa sete, gli uomini si metteranno subito al lavoro per costruire la nave»
In Italia c’era la nostalgia di una politica diversa, pulita.
Ringraziamento particolare ai giovani. Dico a loro: continuino ad essere intransigenti, nella difesa dei valori, senza diventare mai estremisti.
FLI non sarà AN in piccolo, né una zattera della medusa pronta a raccogliere i naufraghi di ogni stagione.
Porte aperte a tutti, esclusi carrieristi e affaristi: se vogliamo essere coerenti, dobbiamo vigilare.
Il nostro progetto è ambizioso: incarnare valori autentici del centrodestra italiano perché possa essere in collegamento col centrodestra europeo.
Valori: nazione, come senso di appartenenza ad una comunità, senso di coscienza di un’identità, certezza che se lo stato ha 150 anni di vita, la gens italica esiste da 2000 anni; il legittimo orgoglio per la storia patria e per rappresentare nel mondo il paese con la più alta percentuale di patrimoni per l’umanità.
Non si può essere pienamente europei senza avere un’identità nazionale.
Altro valore: legalità. Magistratura garanzia. Legalità=rispetto delle istituzioni, senso dello stato. Senza cultura della legalità non c’è libertà.
Rispetto della persona umana e tutela dei diritti civili di ogni persona umana, senza alcuna discriminazione:
per uomini e donne, eterosessuali e omosessuali, cittadini italiani e cittadini stranieri.
Il problema della cittadinanza è una grande sfida culturale. È ottusità quella di chi non capisce che il futuro va verso questa direzione, l’integrazione.
Nessun partito politico in Europa mi pare così arretrato, su questo tema, come il Pdl e la Lega.
Centralità del lavoro. Lavoro principale pilastro dell’economia: non demonizzo finanza, ma la speculazione è in agguato. Deve prevalere l’economia che viene dal lavoro e non dalla finanza.
Il lavoro permette all’uomo di crescere ed è naturale alleato del Capitale. La sintesi capitale-lavoro è condizione essenziale.
Altro valore: centralità della famiglia, cellula primaria della società, ammortizzatore sociale.
Dobbiamo colmare il divario per le famiglie di fatto.
FLi mai subalterno alla cultura politica della sinistra, che rispettiamo e non demonizziamo.
Fli mai sinonimo di pensiero debole.
L’ambizione è animare, incarnare il moderatismo italiano con uno spirito autenticamente riformatore.
Progetto non contro il Pdl: non sono i nostri avversari, non siamo contro Berlusconi. Siamo oltre il Pdl e oltre Berlusconi.
Recuperare il tempo perduto.
Meglio leggere giornali che non si condividono che ascoltare Tg che sembrano quelli dei regimi in cui si passavano le veline, i fogli d’ordine
Citazione: articolo Pierluigi Battista.
La sfida detta da Battista la accettiamo: vogliamo andare oltre quello che è stato fin qui il centro-destra.
Citazione: Alessandro Campi. Compito di FLI non mandare a casa Berlusconi (cosa non riuscita a Bersani/Di Pietro).
Non vogliamo lucrare su rendite di posizione.
Riusciremo nel progetto? Vedremo. Dobbiamo sperarci. E dobbiamo tornare a sentire il polso del paese.
L’Italia non è paese dei balocchi, come talvolta lo dipinge (anche giovedì scorso) Berlusconi.
Il governo sta galleggiando, tampona le emergenze, ma ha perso di vista la rotta, vive alla giornata. Non ha capito che ci sono 4 o 5 grandi questioni (altro che intercettazioni):
1. indebolimento identità nazionale. Bruciare bandiera a Terzigno è conseguenza di una politica territoriale per cui alla lega non interessa nulla di quello che accade dal Po in giù. Al nord il governo è pallida copia, sbiadita, della Lega.
2. caduta della coesione sociale. Stanno aumentando le disuguaglianze. Il ceto medio si sta impoverendo. Chi vive con un solo reddito ha davvero la difficoltà di arrivare a fine mese. C’è conflitto generazionale: i giovani si chiedono se il futuro sarà peggiore; sanno che possono andare avanti solo per i sacrifici della loro famiglia. Al sud, senza la pensione del nonno il ragazzo non può portare la ragazza a mangiare una pizza. Ci vuole patto fra le generazioni. Il nostro welfare non può continuare ad essere solo garante di tutele, ma welfare di opportunità. Guardiamo in Germania: il contratto a termine ha busta paga maggiore del contratto a tempo indeterminato.
3. stagnazione economica. C’è calo produttività. Perdita competitività. Il governo del fare mi sembra che a volte sia il governo del fare finta che tutto vada bene.
4. eccessiva tolleranza per la cultura dell’arbitrio (se non dell’illegalità). Principio di legalità stravolto: chi paga le tasse fesso, chi trova il modo di non farlo è furbo.
C’è decadimento morale. Moralismo è pericoloso. Ma penso che questa condizione decadente della società non è figlia della modernità, ma conseguenza della progressiva perdita di decoro e rigore dei comportamenti di chi è chiamato ad essere di esempio: perché se si è personaggi pubblici si è chiamati a dare l’esempio.
Con laicità positiva, lasciatemi citare il Papa: la spazzatura non è soltanto nelle strade, ma negli animi e nelle coscienze. Ecco il decadimento. La politica non se ne può lavare le mani. Io ho rimpianto il rigore, lo stile e comportamento di Moro, Berlinguer, Almirante, La Malfa della 1° Repubblica, che non si sarebbero mai permessi di trovare ridicole giustificazioni a ciò che non può essere giustificato.
Tuttavia, Italia secondo me non è destinata al declino: parte della società è sana, vitale, reattiva e ha necessità di un’altra politica, più alta, non solo di uno scontro quotidiano ed eccessiva propaganda; bisogna superare la fase per cui “o si sta di qua o si sta di là”. Nel dibattito politico si devono ricercare momenti condivisi. Finita campagna elettorale, l’altro non deve essere nemico da trattare con propaganda: ci vuole dialogo per obiettivi condivisi. No ai tifosi delle curve.
Valutiamo condizioni per patto di legislatura: ma a mio modo è ben più impegnativo del compitino sui 5 punti che gli scolaretti devono votare alla camera, pena lesa maestà.
Patto di legislatura è possibile: ma col colpo d’ala, con svolta, con la fine di una fase e l’apertura di un’altra.
Si faccia una nuova agenda politica e un nuovo programma di governo fino al 2013.
Condizioni: nell’agenda 2 questioni.
(1) il rilancio in termini economici del paese da ottenere con un nuovo patto sociale, tipo convocazione stati generali economia e lavoro del nostro paese. Quindi aprire un tavolo di lavoro della crescita con tutte le parti sociali
(2) due riforme per l’ammodernamento del sistema istituzionale. Federalismo fiscale di per sé non è un male: farà venir fuori le capacità degli amministratori del meridione. Prima riforma: camera delle autonomie e senato delle regioni. Seconda riforma: legge elettorale da cancellare perché è una vergogna. Avete il diritto di scegliere i vostri parlamentari.
Berlusconi mostri il suo amore per l’Italia. Ha fatto un appello all’unità del centro-destra (avesse capito prima che non eravamo controcanto o voglia di dire no). Verifichiamo le condizioni. B. ha detto faccio appello ai moderati italiani. Giusto. I moderati si ritrovano nell’Udc. Ma non ci potrà essere loro sostegno in questo momento.
Si apra nuova fase.
B. rassegni dimissioni, salga al colle, dichiari crisi aperta e avvii fase in cui rapidamente si ridiscute agenda, programma e natura della coalizione. Se avrà questo coraggio, sarà una bella svolta del predellino e noi non ci tireremo indietro.
Se non ci sarà colpo d’ala, se B. sarà preda dei cattivi consiglieri, se prevarrà in lui l’autoconsolatorio “nessun problema ci penso io”, i ministri di FLI non rimarranno un minuto in più nel governo. Naturalmente i nostri gruppi continueranno a votare i provvedimenti che condividono.
Qui tra noi non ci sono né falchi né colombe ma visione chiara obiettivi.
Il problema non è l’ultima partita del gioco del cerino.
Se continuiamo coi tatticismi delle furbizie, la spina la staccheranno gli italiani, che si sono stancati di un governo che non governa.
Questo è l’appello di FLI.
B. ha onore e onere di scegliere se aprire una nuova fase o se "tirare a campare per non tirare le cuoia" (citazione di Andreotti). La decisione la rispetteremo.
FLI è ambizioso, coraggioso e estremamente nobile tentativo di ridare voce al nostro popolo, ridare alla patria la possibilità di riscattarsi.
Di seguito, il filmato degli ultimi 6 minuti del discorso con la richiesta di dimissioni a Berlusconi: