Roma. Liceo Giulio Cesare, 1990, 20 anni fa.
Avevo quasi 18 anni. Ed era l'anno della mia maturità classica.
Cosa è cambiato da allora?
Tanto.
E poco.
Poco: Rossi e Neri ieri, Rossi e Neri oggi. Siamo ancora gli stessi.
Impero e Papato, Guelfi e Ghibellini, Camillo e Don Peppone, Comunisti e Fascisti, Postcomunisti e Postfascisti, Berlusconiani e Antiberlusconiani.
"Rossi e Neri", appunto. Fa parte della nostra storia.
E qui sta il punto.
Ma credo che ogni persona, qualunque cosa abbia fatto, sia pur sempre un impasto di coraggio e di paura, di onestà intellettuale e di opportunismo contingente, di libertà e di prigionia interiore.
Sta a loro, in questo momento, decidere cosa far prevalere.
Nessuno è mai "del tutto diavolo" o "del tutto acqua santa". Nessuno di noi, intendo. Di voi che leggete, di me che scrivo.
Questo vale per Berlusconi, per D'Alema, per Fassini, per Vendola, per Di Pietro, per Grillo.
E questo vale anche per Fini.
Certo, Berlusconi incarna un modello etico, se non sbagliato tout court, certo discutibile e comunque, molto verosimilmente, dannoso. Ma anche Berlusconi non è "il male". Solo, non mostra cedimenti nel riproporre il suo modello e, se mi consentite, avendo avuto la possibilità di dimostrare che era capace anche di rappresentare altro, di indubitabilmente positivo intendo, se l'è letteralmente "fumata" anno dopo anno, legislatura dopo legislatura. Fino all'epilogo delle ultime settimane, che si prospetta tragico e che, ve lo assicuro, intristisce e deprime, per la vicenda umana, anche chi come me è da sempre grande detrattore dei valori da lui proposti (il culto del "machismo", la filosofia della "donna oggetto", la propensione a "comprare" il favore degli altri, là dove il carisma non basta...).
La vicenda di Fini è diversa. Fini ha cominciato a segnare una svolta significativa nella sua carriera politica da quando è stato eletto Presidente della Camera. E' vero: ha votato per anni le leggi "ad personam", ma questo non significa che oggi non dica il vero quando parla di legalità, di diritto degli immigrati, dell'importanza di pagare le tasse, del rispetto delle Istituzioni, di leggi per il bene della collettività. (cose che a più riprese ha cominciato a sostenere da anni).
In momenti drammatici, come quello che stiamo vivendo, in cui il contesto si inasprisce e dilagano pericolose forme di amoralità e di individualismo, dobbiamo rifuggire dall'ottica per cui "o si è giusti sempre o non lo si sarà mai". Perché, semplicemente, non è così.
Il che significa, da sinistra come da destra come dal centro, che appoggiare Fini in questo momento, credergli, vuol dire dare spazio a ciò che di buono sta esprimendo oggi la destra italiana (parlo dei valori veicolati). E significa avere una speranza concreta per sparigliare. Per provare a voltare pagina.
Pensiamoci: chi voterà Fini, alle elezioni prossime, epurate la dimensione fascistoide e quella berlusconista, non saranno i rappresentanti di una destra "sana", come dovrebbe essere, una destra con la quale confrontarsi, e ovviamente distinguersi, sull'approccio ai problemi, ma non sui valori fondanti (etica e senso della collettività su tutti), perché quelli saranno finalmente comuni.
E forse potremo ricominciare. A parlare di politica senza storcere la bocca. O a smettere di parlarne per quel senso di nausea che ci prende allo stomaco negli ultimi anni.
Perché la politica, volenti o nolenti, è il sale della vita sociale di ognuno di noi.
Fare politica vuol dire prendere le decisioni giuste per la collettività. Vuol dire capire come crescere insieme e far crescere i nostri figli, e i figli dei nostri figli, in un paese migliore.
Smettendola, una buona volta, ora e per sempre, di giocare all'infinita e perdente partita dei "Rossi e Neri".
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