Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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mercoledì 4 gennaio 2012

La coerenza di Trenitalia.

Insomma è andata più o meno così.

Alessandro Gilioli, il 27 dicembre scorso, scriveva un post critico sull'ultima campagna di Trenitalia comparsa sul relativo sito.

Campagna che per illustrare i vari “livelli di servizio” aveva scelto per quello più basso - lo ‘standard’ - una foto con una famiglia di colore (diversamente dagli altri livelli).
Questa foto:



Alle giuste osservazioni di Gilioli (badate, a prescindere dalle reali intenzioni di Trenitalia: se il messaggio  poteva sembrare discriminante, la campagna - almeno quella sul sito - è sbagliata, punto), qualche giorno dopo Trenitalia, per bocca di Federico Fabretti, rispondeva di aver usato molte immagini diversificate per la campagna in questione e per i vari livelli e che dunque l'accusa era infondata (anzi la rispediva, in modo assai poco signorile, al mittente, tacciandolo di essere lui quello “sensibile alla diversità”!)

Tutto a posto, insomma, per Trenitalia.

E tuttavia L'Inkiesta rilanciava ieri che dal sito era scomparsa la foto incriminata: tutti i livelli di servizio (come documentato dall'Inkiesta) riportavano un'immagine a corredo; per il livello ‘standard’, nessuna immagine.

Un caso? Una svista?

Tutto era possibile (o quasi).

Fino a stamattina, perché nottetempo, alla chetichella, il sito è stato ulteriormente aggiornato da Trenitalia.

E ora il livello sfigato - e depauperato di foto - appare invece così a chi visita la pagina in questione:


La logica - questa sconosciuta! - vorrebbe che ora qualcuno chiedesse scusa davvero.

Ma siccome ho il sospetto che non accadrà neanche a questo giro, diciamo che personalmente mi accontenterei di uno straccio di spiegazione.

Se non c'era alcun problema, come sottolineava Fabretti nella sua risposta, quali sono i motivi di questo cambiamento?

Cara, carissima Trenitalia: qui si resta in attesa...

Almeno stavolta puntuali, eh, mi raccomando!

P.P. (Post Post) Non so a voi, ma a me il pezzo del Corriere online uscito oggi sull'argomento (e fermo ovviamente a 6 giorni fa!!!) mi sembra confezionato in modo da difendere tra le righe Trenitalia. A voi no?


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domenica 20 novembre 2011

Altro che democrazia sospesa!

Berlusconi consegna a Monti la campanella 
[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


Qualche giorno fa, nel suo blog Piovono rane, Alessandro Gilioli ha ospitato un post di Piergiorgio Paterlini dal titolo Senza casa.
Piergiorgio è un giornalista che collabora da sempre al Manifesto, è stato co-fondatore con Michele Serra del settimanale satirico Cuore, ha scritto libri, ha lavorato per la radio e per la televisione ed è certamente un uomo di sinistra.
L'incipit del post è già un programma: “Dio mi perdoni per ciò che sto per scrivere.”
Cosa ha sostenuto di così sconvolgente il nostro giornalista?  
Ecco una sintesi pressoché letterale:
Io, per mia formazione politica, non mi sono mai sentito lontano da qualcosa quanto dalle banche e dalla Bocconi quindi ho pensato, nell'apprendere la composizione del Governo Monti, bene ingoiamo questa medicina, facciamo in fretta a guarire dalla grave malattia che ci affligge e torniamo subito al voto.
Poi ho visto i neoministri giurare: senza gesti osceni o scomposti, senza deliri padani, senza sorrisi fasulli da stelline di avanspettacolo... e subito mi ha colpito la visione di un prossimo futuro giuramento.
Giuravano persone, storie, facce come quella di Buttiglione, di Casini, dei protetti di Casini, degli amici di Rutelli, dei cattolici integralisti del Pd, dei finti giovani del Pd, degli amici di Bersani, degli amici di Veltroni, dei cortigiani di D’Alema, nella migliore delle ipotesi personaggini senza arte né parte, tutti usciti da bilancini sfibranti ma per loro così importanti e che chiamano “politica”, saltati fuori come conigli dal cappello dei vari manuali cencelli, da spartizioni piccine e interessi meschini.
Li ho proprio visti davanti agli occhi e mi son detto: ma io voglio davvero che fra un anno, poco prima poco dopo, a salire al Quirinale siano queste facce questi nomi queste persone? È questo il trionfo della democrazia e del “voto del popolo” che aspetto con tanta urgenza? E ho dovuto rispondermi che no. Tragicamente, a quell’immagine mi è venuta la nausea, un rifiuto istintivo, fortissimo, insanabile. Se oggi al posto di Monti avesse giurato Bersani, io non sarei stato più felice. Anzi.
E ho capito, tragicamente, che ai i miei rappresentanti democraticamente eletti preferivo loro.
E mi sono mai sentito così privo di alternative, così senza risposte, così senza futuro. Senza casa.
Devo amaramente ammettere che sottoscrivo queste parole una per una.

Qualcuno ha detto - e tra questi Silvio Berlusconi - che il governo Monti rappresenta una sospensione della democrazia.
Beh, se la democrazia è quella rappresentata in questi anni, sospenderla era sacrosanto.
Lo spettacolo è stato così indecente che ne siamo davvero sconvolti.
Se la democrazia si traduce nel dito alzato di Bossi, nelle parolacce di Borghezio, nei fazzoletti verdi, nei vari Trota, Santanchè, Scilipoti, La Russa, Gasparri, Storace; negli avvocati di Berlusconi in Parlamento, come Paniz e Ghedini; nei Rotondi, Giovanardi, Carfagna, Gelmini, Brambilla, Scotti, De Feo - moglie di Fede, eletta senatrice nel 2008 - Pomicino; nei partitini di Dini e di Rutelli; nei battibecchi tra Vendola e Veltroni;  nelle pretese di Pannella e nelle girandole di Renzi; in una pletora di individui sconosciuti nominati dai partiti col solo compito di pigiare il bottone nelle votazioni, beh allora c'è forse qualcosa da rivedere in questa democrazia.

Se poi pensiamo alle vicende private e giudiziarie di molti personaggi democraticamente eletti, allora ci rendiamo conto che i nostri cosiddetti rappresentanti non solo non ci rappresentano affatto, ma spesso sono addirittura impresentabili.

Dunque non ci resta che sperare che il Governo dei Professori duri abbastanza, affinché i cittadini riaprano gli occhi e - abbandonato il tifo da stadio - siano in grado di esprimere, col voto, delle persone degne non tanto di rappresentarli quanto di ricoprire cariche che richiedono competenza, dignità, onore, serietà, compostezza, lealtà, fedeltà alla Costituzione e alla patria una ed indivisibile.
Con buona pace del parlamento padano, di certi commentatori mai soddisfatti e, si spera, di tanti lestofanti.

Un'ultima osservazione.

A me, in realtà, non sembra affatto che ci sia stata una sospensione della democrazia.

Il popolo sovrano con regolari elezioni ha eletto nel 2008 un Parlamento* che espresse la fiducia ad un Presidente del Consiglio: Silvio Berlusconi.
Ora, è accaduto che quest'ultimo si sia volontariamente dimesso.

Secondo il dettato costituzionale, il Presidente della Repubblica ha affidato l'incarico di formare un nuovo governo al Prof. Monti.

Il Governo Monti ha ricevuto la fiducia quasi plebiscitaria delle due camere e quindi anche  il voto dell'ex maggioranza compreso quello del Presidente del Consiglio uscente.

Ebbene, di quale sospensione della democrazia parliamo?

_________________________________
*Sorvoliamo sul fatto che i parlamentari sono "nominati" cioè imposti dai partiti anziché scelti dagli elettori.


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venerdì 18 novembre 2011

Quando la Res Publica si affida a Cincinnato.

Lucio Quinzio Cincinnato

[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]


Nel suo post Il governo-tecnico cattolico Ivan Scalfarotto scrive:
Se dovessi darne una definizione, “ministri tecnici” sono coloro che vengono scelti sulla base delle loro competenze e non sulla base delle loro convinzioni. Di più: le convinzioni dei “tecnici” dovrebbero essere del tutto irrilevanti e anzi sarebbe preferibile che tali convinzioni non fossero nemmeno di dominio pubblico. Si prenda il caso di Ignazio Marino, il cui nome non è nemmeno mai stato fatto in questi giorni per l’incarico alla Sanità. Certo nessuno può dubitare del fatto che Marino sia un “tecnico” eccellente: e tuttavia il fatto che le opinioni di Marino siano note fa sì che le sue indubbie competenze siano cancellate dalle sue opinioni politiche e che il suo nome non sia nemmeno preso in considerazione, causa la sua appartenenza al PD.
Alessandro Gilioli ha già osservato nel post Homo technicus che non esistono uomini neutrali:
 “l’essere neutrali non è di questo mondo, anzi non è di questa umanità”.
Concordo e aggiungerei qualche considerazione.

In un paese serio si intenderebbe per tecnico esclusivamente ciò che suggerisce la semantica.
Tecnico è colui che conosce l'arte, l'esperto (la parola greca τέχνη significa arte, mestiere e anche abilità).

Ora, se si ha bisogno di un tecnico non gli si chiede la sua fede politica: l'importante è che sia riconosciuta la sua professionalità. 
Se poi proprio non ci si fida, allora potrebbe invece essere più utile sapere quali siano le sue convinzioni politiche (piuttosto che non saperlo e scoprirlo quando è tardi).

In ogni caso poi, se la situazione d'emergenza è tale che occorre affidarsi ad un dictator - il magistrato straordinario della Repubblica Romana che non veniva eletto dalle assemblee popolari, ma nominato dai consoli, di concerto con il senato, per affrontare grandi emergenze - affinché questi risolva i problemi che la politica non è riuscita a risolvere, non dico di conferirgli il summum imperium ma almeno di lasciargli la piena libertà nella scelta dei collaboratori.

Ciò richiede la coerenza. Tutto il resto, a mio giudizio, è flatus vocis.

Un'ultima osservazione, infine, me la suggerisce il post Ci piace o non ci piace  di Antonio Padellaro.
Scrive il direttore de il Fatto Quotidiano
 “Non ci piace la sospensione della democrazia rappresentativa. Avremmo preferito andare subito ad elezioni”,
anche se poi ammette che quella del governo Monti è “un’occasione di riscatto che non si può assolutamente perdere”.

Ebbene, capisco perfettamente le perplessità e l'amarezza di Padellaro.
Ma c'è da dire che da noi, in Italia, in questo preciso momento storico, la democrazia rappresentativa è un lusso che non ci possiamo permettere.

Sono davanti agli occhi di tutti le nefande conseguenze delle scelte del popolo sovrano.

Tito Livio definì Cincinnato (il dictator per antonomasia) “Spes unica imperii populi romani”.

Io lo penso oggi di Mario Monti: è l'unica speranza del popolo italiano.


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