Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 8 novembre 2010

Seconda stella a destra...




So che scrivere questo post mi costerà. Ci penso da ieri sera. E traccheggio, procrastino. Eppure lo ritengo necessario. Come ogni momento di profonda autocritica. Come questo vuole essere.

Allora, vediamo.

Ieri Fini ha parlato. Ha detto molte cose. Alcune mi sono piaciute, altre meno. Ma non è esattamente su  questo che ora vorrei riflettere.

Vorrei parlare, col pretesto del discorso di Fini, del centrosinistra. Del modo di interpretare la politica del centrosinistra (del "mio" centrosinistra) in questo momento storico delicatissimo.

Per parlare di questo ho bisogno di riassumere il discorso di Perugia fatto da Fini.
Tento una sintesi estrema, in 10 punti:

1. Valori e progettualità.
2. Centrodestra "europeo".
3. Identità nazionale.
4. Legalità.
5. Rispetto per la persona.
6. Centralità del lavoro.
7. Importanza della famiglia.
8. Lotta al decadimento morale.
9. Dibattito politico come terreno di confronto e non di scontro ("no ai tifosi delle curve").
10. Dimissioni di Berlusconi per ripartire da due grandi temi: nuovo patto sociale e nuova legge elettorale (altrimenti FLI fuori dal governo).

Ed ora pongo un quesito semplice e il più possibile diretto: c'è veramente qualcuno, a sinistra, che si sente di affermare, con tutta onestà, che questi punti non siano grosso modo condivisibili ed anzi necessari per il nostro paese?

Voglio essere ottimista: credo di no.

Ebbene, tutto quello che sono riusciti a fare i vari leader di centrosinistra è stato sottolineare il poco coraggio e l'incoerenza col passato (Di Pietro), i tatticismi  e il gioco del cerino (Bersani), il "plagio" della citazione veltroniana di Saint-Exupery e via discorrendo. 

Tutto, insomma, tranne che considerare i contenuti.

E lo confesso, mi è dispiaciuto constatare che nella stessa "trappola" sono caduti anche "i giovani rinnovatori" (o "rottamatori", come li chiama qualcuno), quelli che molti ritengono il futuro della dirigenza del PD (e che io personalmente stimo): Matteo Renzi e Giuseppe Civati.

Le ragioni di un simile comportamento politico che, lo voglio ripetere, prescinde dall'analisi dei contenuti del discorso, possono essere le più disparate:

(1) Opportunismo: timore cioè che plaudire Fini se parla di valori che pure condividiamo, vuol dire dare importanza a lui, sminuendo "noi".

(2) Ottusità: incapacità di ascolto quando a parlare è l'avversario, chiunque sia.

(3) Disistima: Fini può dire quello che vuole, ma rimane Fini l'ex e post-fascista, Fini il berlusconiano fino a ieri, ecc. ecc.

(4) Arroganza: di certi valori siamo detentori solo noi; se qualcun'altro li rivendica, non è sincero.

Qualunque sia la ragione, o il mix di ragioni, che stia muovendo il comportamento dei leader di centrosinistra, voglio affermarlo con forza: è un grande errore

Abbiamo sprecato un'altra occasione per dire la cosa giusta al momento giusto.

Qual era?

Questa: "Fini ha detto cose giuste. Vogliamo credergli. E crediamo fermamente anche noi in una politica che si muova su valori condivisi trasversali e che, per il bene comune, agisca quotidianamente per confrontarsi più che per scontrarsi".

Punto.

Poi, e solo poi, si doveva discutere sul resto.

E invece abbiamo cancellato i contenuti. Ridotto tutto all'analisi della soluzione della crisi, piuttosto che all'analisi della crisi stessa.

E pongo il secondo quesito: vogliamo renderci conto che siamo partiti (2008) da un Berlusconi (Pdl+Fini) al 38% e ora ci ritroviamo, nelle intenzioni di voto, un Berlusconi al 28% circa (con Fini al 7-8%)? 

Vogliamo renderci conto di cosa significa questo, per un'Italia che abbia voglia e bisogno, come da sinistra diciamo da anni, di ricominciare?

L'ho già detto e lo ribadisco: è da quel 7/8% (che mi auguro in crescita) che può rinascere un dialogo politico vero, un centrodestra maturo, un'Italia più moderna. Una destra sana che vota chi proclama la legalità e la moralità (scusate se è poco).


E invece no. Continuiamo a giocare al "benaltrismo" (la filosofia per cui "ben altro ci vorrebbe"...). A fare dichiarazioni da propaganda elettorale. Ad essere come al solito "contenti a metà". A guardare dall'alto in basso.

Ad essere insomma, permettetemelo, la "solita", cara, vecchia copia, sempre più sbiadita, di una sinistra intellettualistica e snobista che negli ultimi anni ha dissolto più e più volte leader, programmi e aspirazioni di un elettorato sempre più stanco e scorato. 

Una sinistra che, ancora in preda alle sue crisi di identità, continua a giocare all'infinita ed inutile partita fra rossi e neri, anche quando qualcuno tende una mano (Fini, punto 9 della sintesi). Politicamente, si intende.
E anche quando chi tende una mano sta parlando una lingua diversa, che allude all'incontro dei valori e al sotterramento dell'ascia di guerra tanto amata da Silvio Berlusconi (e tanto disastrosa per il nostro paese).

Il berlusconismo è nato dallo scontro e dalla demonizzazione. Morirà grazie all'incontro e all'unione degli interessi comuni.

Il vento sta cambiando.

Cambiamo anche noi? Noi a sinistra, intendo.

Potrebbe essere l'ultima chiamata, temo. 

Per quell'isola che tanti di noi, a sinistra, hanno pensato in questi anni che non esistesse. L'isola che non c'è della politica dei valori condivisi, sia pure nella diversità dei progetti.

A questa chiamata, non facciamo finta di nulla, rispondiamo.

Anche questo è politica. Rispettare l'avversario. Dargli ragione se dice cose giuste. Collaborare, persino, in vista del bene comune.

Tutte cose che, negli ultimi anni, sembriamo aver dimenticato. 

Insieme al piacere, genuino e puro, della "vera" politica.

Che dobbiamo, ad ogni costo, ricominciare a fare.

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1 commenti:

Anonimo ha detto...

Bravo Luigi! Era proprio il teatrino della politica quello a cui abbiamo assistito e purtroppo molti degli attori erano autorevoli esponenti del centro sinistra. Ognuno attento a non farsi rubare la scena. Nel frattempo l'Italia muore.
Hans von Grobler

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