Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 15 novembre 2010

La palude del Caimano.

Berlusconi prepara l'attacco finale?

Da mesi, come sapete, sostengo che la fine (che appare sempre più prossima) dell'era berlusconiana mi incute non poco timore: mi appare imprevedibile; ne scorgo con difficoltà i risvolti; temo, soprattutto, gli esiti della filosofia del "tutto per tutto" che da sempre ho ritenuto la strategia più probabile di un Berlusconi che si percepisse all'angolo.

In cauda venenum, recita un motto latino. Ed io, di quel veleno, a mano a mano che la coda comincia a palesarsi, divento sempre più timoroso.

I segnali, purtroppo, non sono buoni.

E bisogna dirlo, con forza persino, perché non accada tutto "all'improvviso" e non si possa dire: "caspita, mi ha colto di sorpresa, non me l'aspettavo".

Sveliamoli, questi segnali.

Berlusconi ha dichiarato: "se questi fanno un governo tecnico, noi gli scateneremo contro la guerra civile. Avranno una reazione come nemmeno si immaginano"...

Nosferatu Sallusti, come ha ben sottolineato Gilioli, ha parlato di traditori, ha alluso a Salò, ha menzionato l'8 settembre...

Sempre Berlusconi, nel dichiarare ai suoi la strategia comunicativa di avvicinamento alle nuove elezioni, ha ufficialmente imposto il termine di "traditori" per i finiani e per tutti coloro che oseranno contornarsi di qualche esponente di Futuro e Libertà da qui in avanti, che saranno d'ufficio etichettati come nemici.

Ultimo segnale? La proposta di Berlusconi di sciogliere la sola Camera dei Deputati e votare solo per quella.

Dubbi dei costituzionalisti a parte, il problema è un altro: in modo più o meno palese, questa richiesta mira ad uno scontro istituzionale con chi ha il potere di sciogliere il Parlamento, e cioè il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

E la domanda è: cosa accadrebbe se, come ne avrebbe facoltà, Napolitano decidesse di non sciogliere la sola Camera dei deputati e Berlusconi evocasse lo spettro del tradimento della volontà popolare (magari condito con la provenienza politica storica del Presidente della Repubblica, visto che in campagna elettorale, l'epiteto comunisti Berlusconi non l'ha mai negato a nessuno).

Non credo ci troveremmo in una situazione così semplice da gestire.

Forse è il caso di cominciare ad alzare la voce, su questi segnali.

Possibilmente, prima che sia troppo tardi.


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1 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido le osservazioni avanzate. M.Travaglio è una persona che esercita con serietà e coscienza il suo lavoro. Forse, in questa occasione, gli è sfuggita la lucidità e l'obiettività, perchè ha avuto una punta di "gelosia e invidia"?. A noi occorrono uno, cento, mille Saviano così come uno, cento, mille Travaglio. Il mio sogno? Saviano, Travaglio e Grillo insieme in una trasmissione: il difficile è trovare il conduttore giusto! (no Fazio per favore che si cruigiola troppo nella sua bravura). Gregoriana

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