Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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domenica 11 marzo 2012

Quelli che non si rassegnano...

Coraggio: è dura, ma ce la possiamo fare. Ce la dobbiamo fare.

Venerdì mattina, di buon'ora, mi sono recato all'Ospedale di Careggi di Firenze, per fare qualche analisi di routine.

La prima cosa che mi è balzata all'occhio è che l'ospedale aveva riorganizzato i parcheggi interni, dividendoli scrupolosamente in spazi destinati ai dipendenti e spazi destinati agli utenti/ospiti.

Ho dunque parcheggiato la mia auto negli spazi a me dedicati e mi sono fatto dissanguare come previsto (per una volta non metaforicamente, per giunta, anche se a quanto pare - ancora una volta - il dissanguamento avveniva "nel mio interesse", "per una maggiore serenità futura", "per prevenire guai di rilievo", ecc. ecc...).

Ebbene, mentre facevo ritorno piuttosto alleggerito alla mia auto, ho notato una sfilza di depliant che a bella posta occhieggiavano sui parabrezza di molte automobili da sotto i tergicristalli.
Subito ho pensato all'ennesima pubblicità, ma il ritmo irregolare con cui i volantini parevano essere stati disseminati mi ha messo in sospetto.
E allora mi sono fermato per vedere di cosa si trattasse.
Ed ecco qua il depliant in questione (la foto non è il massimo, abbiate pazienza):



Tutto chiaro?
L'Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi richiama all'ordine i propri dipendenti che non rispettano le regole sugli spazi adibiti a parcheggio (dietro il volantino c'è anche un estratto del regolamento aziendale dal titolo "Uso corretto dei parcheggi per i dipendenti").

So già cosa state pensando. 
Se si è costretti a mettere i depliant (il che presuppone stanziare dei fondi, progettare il format, badare alla realizzazione, impiegare degli operatori che controllino il rispetto delle norme e in caso contrario lascino il volantino-ricordo, e via dicendo) significa che la distinzione dipendenti-ospiti da sola non basta, come non basta la comunicazione della norma; ragion per cui se ne deduce che gli inadempienti sono assai numerosi, tanto che l'azienda è costretta a ricorrere ad una campagna di sensibilizzazione/ammonimento.
Tutto vero.
E del resto ce li immaginiamo già, i figli peggiori della nostra inveterata cultura italica, mentre mugugnano ingranando la retromarcia: "ma sì, dai: cosa vuoi che faccia se oggi metto l'auto in uno spazio a me non consentito. D'altro canto io ci lavoro, qui, eccheccaspita!"...

E tuttavia ditemi quello che volete, ma nel terrore che sempre più italiani possano arrendersi di fronte all'ardua impresa che li vede protagonisti e che ha come obiettivo quello di smontare pezzo per pezzo il nostro attuale sistema sociale, depurandolo dal suo marciume, per costruire un'altra civiltà, una civiltà fatte di regole (condivise), di rispetto (reciproco), di immedesimazione (nel prossimo), a me questo volantino è sembrato un pezzo dell'Italia che vale, un simbolo di speranza.

La rappresentazione grafica, insomma, di uno dei tanti modi per non rimanere a guardare.

Mentre da più parti, sia ben chiaro, continuano imperterriti a bruciare il nostro paese.


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