
[Dal
Prof. Woland per la Città Invisibile]
Negli ultimi decenni la cultura dominante ha tentato di accreditare la teoria che le classi non esistano più e che la lotta di classe non è altro che un fossile del vetero comunismo. Si tratta di un inganno che è anche parzialmente riuscito.
Viene in mente la profezia (1926) dell'anarchico gallese Gafyn Llawgoch:
Il socialismo perderà perché il capitalismo convincerà i servi di essere padroni.
Ora è senz'altro vero che dal dopoguerra in poi, sia in Italia che nel resto delle democrazie occidentali, l'ascensore sociale ha innalzato milioni di individui allo status di cittadini consentendo loro l'accesso ai consumi (cellulare, tv, computer, viaggi, vacanze) ma, a parte il fatto che dagli anni '80 in poi sembrerebbe che sull'ascensore ci sia la scritta out of order, questo non significa certo la fine delle classi sociali.
Troviamo una convincente dimostrazione di questa asserzione in un bel saggio, fresco di stampa, del sociologo Luciano Gallino (professore emerito dell'Università di Torino) dal significativo titolo La lotta di classe dopo la lotta di classe (Laterza, marzo 2012).
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Luciano Gallino |
La lotta di classe oggi è quella di chi non è soddisfatto del proprio destino, e vuole cambiarlo, e quella di chi invece è soddisfatto del proprio destino e vuole difenderlo
dice l'autorevole sociologo.
La presentazione del libro riassume mirabilmente le vicende che stiamo dolorosamente vivendo sulla nostra pelle:
La caratteristica saliente della lotta di classe alla nostra epoca è questa: la classe di quelli che possiamo definire genericamente i vincitori sta conducendo una tenace lotta di classe contro la classe dei perdenti. Dagli anni Ottanta, la lotta che era stata condotta dal basso per migliorare il proprio destino (vedi il mio post
La fine del compromesso tra capitalismo e democrazia)
ha ceduto il posto a una lotta condotta dall'alto per recuperare i privilegi, i profitti e soprattutto il potere che erano stati in qualche misura erosi nel trentennio precedente. Questo è il mondo del lavoro nel XXI secolo, così è cambiata la fisionomia delle classi sociali, queste sono le norme e le leggi volute dalla classe dominante per rafforzare la propria posizione e difendere i propri interessi. L'armatura ideologica che sta dietro queste politiche è quella del neoliberalismo, teoria generale che ha dato un grande contributo alla finanziarizzazione del mondo e che ha avuto una presa tale da restare praticamente immutata nonostante le clamorose smentite cui la realtà l'ha esposta. La competitività che tale teoria invoca e i costi che la competitività impone ai lavoratori costituiscono una delle forme assunte dalla lotta di classe ai giorni nostri. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: aumento delle disuguaglianze, marcata redistribuzione del reddito dal basso verso l'alto, politiche di austerità che minano alla base il modello sociale europeo.
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Eric Hobsbawm, 95 anni. |
Quasi un anno fa avevo scritto un
post in cui segnalavo l'ultimo libro di
Eric Hobsbawm Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l'eredità del marxismo (Milano, Rizzoli, 2011).
Il Capitalismo, dice in sostanza anche il grande storico carico d'anni e di saggezza, non è palesemente in grado di autoregolarsi.
Basti pensare alle grandi crisi economiche e finanziarie di cui siamo stati recentemente testimoni, al pericolo di default che corrono alcuni stati, agli squilibri sempre più marcati tra ricchi e poveri, ai problemi di lavoro e di welfare.
Non possiamo dunque affidarci né al mercato né alle esperienze del secolo scorso:
Per regolare il futuro dell'economia mondiale si renderà necessaria una qualche nuova forma di pianificazione.
E qui entra in gioco Marx. Molte delle sue previsioni si sono rivelate profetiche quindi - ora che sono cadute le grandi ideologie che impedivano un giudizio sereno - Marx può essere considerato per quello che è sempre stato: un grande pensatore ed un pioniere. Insomma, afferma Hobsbawm:
È finalmente giunto il momento di prendere Marx sul serio.
Fin qui le analisi. Ma a questo punto ci prende il panico.
Tra il dire e il fare...

La lotta di classe? Continua...
idelbo · 680 settimane fa
Come sempre, il prof Gallino fa una lucida analisi della situazione...e come sempre la sinistra fa finta di niente!
Il problema è non voltare la testa dalla parte sbagliata...il problema è "vedere" e non "guardare"!
Scriveva Mazzini, nel 1860, " ...Finché uno solo tra i vostri fratelli non è rappresentato dal proprio voto nello sviluppo della vita nazionale - finché uno solo vegeta ineducato fra gli educati - finché uno solo, capace e voglioso di lavoro, langue, per mancanza di lavoro, nella miseria - voi non avrete la Patria come dovreste averla, la patria di tutti, la patria per tutti. Il voto, l'educazione, il lavoro sono le tre colonne fondamentali della Nazione; non abbiate posa finché non siano per opera vostra solidamente innalzate". Questo è il nostro impegno!
Prof_Woland 59p · 680 settimane fa
la ringrazio per il commento la bellissima citazione di Mazzini che non ricordavo.
A presto.
diegod56 50p · 680 settimane fa
sicuramente il relativo benessere che, per qualche tempo, è stato concesso alle classi subalterne, aveva creato la sensazione che la cosiddetta lotta di classe fosse un reperto archeologico, una sorta di folklore della bandiera rossa
ma ora, ora che la durezza dei fatti torna a svegliarci dal torpore, ci si domanda che accadrà, non senza qualche apprensione
My recent post la loro breve vita
Prof_Woland 59p · 680 settimane fa
confesso: sono molto in apprensione per il futuro dei nostri figli. Quando apprendiamo che lo 0,5% della popolazione mondiale detiene 69 trilioni di dollari mentre il 68% dispone solo di 8 trilioni davvero non si sa più che cosa pensare.
diegod56 50p · 680 settimane fa
è evidente che una sproporzione abnorme della distribuzione della ricchezza pesa, pesa moltissimo anche sulle scelte politiche, perchè il potere economico decide con la sicumera di chi "ha in mano i cordoni della borsa"
che fare? questa è la domanda, come sempre del resto