Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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mercoledì 22 giugno 2011

Marx non è morto: parola di Eric Hobsbawm.

Karl Marx

[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]

La strofe più citata della poesia di T.S.Eliot è tratta dal poema The Hollow Men:

This is the way the world ends
This is the way the world ends
This is the way the world ends
Not with a bang but a whimper.

Potremmo tradurre:

Questo è il modo in cui finirà il mondo
Non con un'esplosione ma con un piagnucolio.

Eric Hobsbawm
Nella prefazione del suo celeberrimo saggio Il secolo breve (sottotitolo: 1914-1991) Eric Hobsbawm - considerato il più grande storico del 900 - cita questa strofe e commenta amaramente:


«Il secolo breve è finito in tutti e due i modi».

Poiché non mi sembra azzardato affermare che siamo tutti spaventati dalla possibile fine catastrofica dell'umanità, vorrei parlarvi dell'ultimo libro di Hobsbawm: è la voce di un vegliardo (ha compiuto 94 anni il 9 giugno) che per tutta la sua esistenza ha studiato gli avvenimenti del secolo e cercato di capire cosa possa salvare l'umanità.

Il suo libro s'intitola Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l'eredità del marxismo (Rizzoli 2011).

Molti forse arricceranno il naso nel sentire rispolverare il nome di Marx.

Ma sembra che anche i capitalisti, negli ultimi tempi, siano molto interessati alla dottrina del filosofo di Treviri.

Le prove?

Qualche anno fa la rivista di bordo della United Airlines Company (i cui lettori sono quasi tutti business men americani) incaricò il nostro storico di scrivere un articolo sul Manifesto del Partito Comunista del 1848.
Inoltre il professore racconta di essere stato avvicinato dal grande finanziere Geoge Soros che gli avrebbe detto: «Marx ha scoperto centocinquant'anni fa qualcosa sul capitalismo di cui dobbiamo tener conto».

Non posso certo riassumere qui il saggio ma dare solo un'idea.

Il Capitalismo - questo è ormai sotto gli occhi di tutti - non è in grado di autoregolarsi.
Basti pensare alle grandi crisi economiche e finanziarie di cui siamo stati recentemente testimoni, al pericolo di default che corrono alcuni stati, agli squilibri sempre più marcati tra ricchi e poveri, ai problemi di lavoro e di welfare.

Non possiamo dunque affidarci né al mercato né alle esperienze del secolo scorso.
«Per regolare il futuro dell'economia mondiale si renderà necessaria una qualche nuova forma di pianificazione ».
Lo storico ci ripropone uno strumento che suscita qualche brivido siberiano, me ne rendo conto. Ma non dobbiamo spaventarci.
Molte delle previsioni di Marx si sono rivelate profetiche quindi - ora che sono cadute le grandi ideologie che impedivano un giudizio sereno - Marx può essere considerato per quello che è sempre stato: un grande pensatore ed un pioniere. Insomma, afferma autorevolmente il grande storico:

«È finalmente giunto il momento di prendere Marx sul serio».

Ciò detto mi sento di rassicurare Woody Allen: se Dio è morto, Marx è ancora vivo e quindi per il buon Woody c'è ancora tempo*.

P.P. (Post Post)
Per una curiosa coincidenza il tema storico della prova di italiano della maturità di quest'anno prendeva spunto da una frase di Hobsbawm tratta proprio dal Secolo breve.

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*Alludo, naturalmente, alla famosa battuta del grande regista: "God is dead, Marx is dead...and I do not feel very well today!"



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