Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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venerdì 3 giugno 2011

Quelli che fabbricano l'inganno consueto, oh yes.

Una scena tratta dal meraviglioso film The Truman Show.

Dite la verità.

Quanti di noi, tra quelli che seguono il calcio, assistendo ad una pessima prestazione dei propri beniamini, hanno pensato o detto: "il problema è il tecnico: troppo inesperto/per niente competente/un perdente..."?

Quanti di noi, vedendo particolarmente fiacchi sulle gambe i calciatori della propria squadra del cuore, si sono lasciati sfuggire davanti all'amico di turno o ai colleghi di lavoro, o magari al bar: "è tutto un problema di preparazione atletica: il ritiro è iniziato troppo presto/troppo tardi/è stato condotto male/fatto nel luogo sbagliato..."?

Molti di noi, credo. Forse tutti.

Chissà se qualcuno di noi invece ha mai pensato all'eventualità di un Beppe Signori regista occulto di uno squallido giro di calcio-scommesse.

Chissà se qualcuno era mai arrivato anche solo ad immaginare che quella fiacchezza, in quella particolare partita di quel particolare giorno, poteva dipendere dal portiere della squadra in crisi di ossigeno, che nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo aveva drogato i propri compagni con un potente sedativo.

Ma tant'è.

In questa assurda vicenda, l'ennesima legata al "gioco più bello del mondo", temo ci sarà ancora modo di scandalizzarsi e di restare interdetti.

Quello che più mi rattrista, ve lo confesso, non è tanto la miseria umana di chi gioca con le passioni e con la professionalità altrui alla rincorsa di emozioni malate o peggio di effimeri ritorni economici.

Quello che mi fa più male è piuttosto questa sensazione, sottile ma profonda, di vivere in un immenso Truman Show: uno spettacolo dell'assurdo in cui alcuni si dilettano ad imbastire per noi scenari, comparse, copioni, che noi crediamo siano veri ma che spesso, d'un tratto e con violenza, ci svelano la loro inconsistenza, sgretolandosi come castelli di sabbia.

Mi viene alla mente una splendida poesia di Montale. 
Questa:
Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
Alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
Tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
L'inganno consueto, appunto.

Forse c'è qualcosa da rivedere, in questa nostra società.

Prima che sia davvero troppo tardi.


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