Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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domenica 5 giugno 2011

Benedetto XVI e la spirale del Vaticano.

Le scale del Vaticano, simbolo della spirale in cui la Chiesa si sta avvolgendo.

Quando elessero Papa Joseph Ratzinger - che conoscevo come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l'organo della Santa Sede che si occupa di vigilare sulla correttezza della dottrina cattolica, per capirci il Santo Uffizio di triste memoria - pensai che la Chiesa avrebbe subito una sicura involuzione.

Anzi, di più: pensai che l'elezione stessa di Benedetto XVI fosse il segno di un declino già iniziato.

Il passaggio dal "comunicatore" Wojtyla al teologo Ratzinger appariva una virata tipica dei periodi di crisi: i periodi in cui o si ha il coraggio di cambiare o ci si ripiega su se stessi, in un conservatorismo sterile che non può che accelerare la caduta.

Nel governo delle istituzioni di qualsiasi genere - siano esse politiche o religiose - diffido degli agitapopolo, degli imbonitori, degli incantatori di serpenti - tra cui annovero, un esempio a caso, il nostro Presidente del Consiglio - ma al tempo stesso, con buona pace di Platone, credo da sempre che, per il ruolo di governante, pensatori e filosofi non siano i candidati migliori.

Beninteso, tra le due categorie mille volte meglio la seconda.
E tuttavia, contestualizzando, mi pare del tutto evidente che affidare un'organizzazione complessa e a rischio di collasso ad un teologo, come lo era e lo è Joseph Ratzinger, è un errore di quelli che si pagano, a lungo e a caro prezzo.

Prendete le dichiarazioni di oggi di Benedetto XVI:
  1. No alla convivenza, non è preparatoria al matrimonio, né la può sostituire.
  2. No al timore di impegnarsi per un'altra persona: non ridurre l'amore a emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi di appartenenza reciproca e senza apertura alla vita.
  3. Gioite per la paternità e la maternità: L'apertura alla vita è segno di apertura al futuro, di fiducia nel futuro.
  4. Nell'intimità domestica, non abbiate paura di leggere la Sacra Scrittura.
Non so come la pensiate, ma esortare giovani (e meno giovani) senza solidità economica, senza un domani sicuro, senza prospettive reali, a non avere paura, ad avere fiducia nel futuro oscuro sposandosi e procreando, a me pare abbia il sapore amaro di un colossale anacronismo.

Per di più, parlando della responsabilità di fare figli, come la mettiamo col mondo in cui verrebbero a crescere, visto e considerato che è dominato dal relativismo etico, come lo stesso Ratzinger ha dichiarato più volte?!

Il giudizio sulle coppie di fatto che traspare dalle dichiarazioni del Papa - "l'amore ridotto a emozione sentimentale e soddisfazione di pulsioni istintive" - si commenta da sé.

Quanto all'invito a leggere nell'intimità domestica la Sacra Scrittura - indecifrabile, spesso, per gli stessi studiosi! - suona così distante dai bisogni reali delle persone, da suscitare al tempo stesso sconforto e preoccupazione.

Affermazioni come quelle odierne - insieme a tante altre dello stesso tenore - rischiano di allontanare definitivamente la Chiesa dalla comunità di cui intende farsi interprete.

Mi tornano alla mente le bellissimi parole del Cardinal Martini:
"Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo... Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto [...] Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa.
(da Conversazioni notturne a Gerusalemme)


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