Lo scontro Fini-Berlusconi di giornale in rivista. |
Farefuturo è una fondazione politico-culturale creata da Gianfranco Fini, che ne è il Presidente.
La rivista online già da qualche giorno è decisamente passata al contrattacco, con editoriali o articoli dai titoli assai eloquenti.
Qualche esempio:
1. "Un Pdl berlusconizzato? Rischierà la deriva estremista" (16 agosto)
2. "Il 'popolo' invece delle 'regole': ecco il virus che avvelena il Pdl" (16 agosto)
3. "Non è una questione politica: adesso, è una scelta di libertà" (19 agosto), con l'occhiello che recita: "Speravamo che il berlusconismo non fosse come lo dipingevano i 'nemici', ma..."
Ritengo importante citare i passaggi centrali integralmente:
"Adesso è cambiato tutto e niente sarà più come prima. Perché nessuno ci potrà più convincere che il berlusconismo non coincida integralmente con le sue espressioni più appariscenti e drammaticamente caricaturali. Nessuno ci potrà più convincere che il berlusconismo non coincida con il dossieraggio e con i ricatti, con la menzogna che diventa strumento per attaccare scientificamente l’avversario e magari distruggerlo. Nessuno ci potrà più convincere che il berlusconismo non si nutra di propaganda stupida e intontita, di slogan, di signorsì e di canzoncine ebeti da spot pubblicitario. Ma tanto non ci proveranno nemmeno, a convincerci.
E, purtroppo, il pensiero corre agli eventi passati, all'editto contro Enzo Biagi, contro Daniele Luttazzi, contro Michele Santoro. Il pensiero corre ai sensi di colpa per non aver capito prima, per non aver saputo e voluto alzare la testa. E oggi che gli editti toccano da vicino, è fin troppo facile cambiare idea. Oggi ha ragione chi dice: perché non ci avete pensato prima? Non c'è una risposta che non contempli un pizzico di vergogna. Un vergogna che, però, non prevede ora il silenzio, il ripetersi di un errore.
Parole decisamente forti, come si legge, che alimentano non poco l'incendio agostano (tanto che più che riecheggiano editoriali e idee tipicamente di sinistra!).
Eravamo convinti che tutto fosse un semplice dibattito politico. Sbagliavamo. È molto, molto di più. È una questione di civiltà. Di democrazia. E di libertà. Questioni forse più grandi di noi, che impongono una scelta difficile. Intendiamoci, tutto questo poi non impedisce la “politica”, non impedisce di assumersi la responsabilità di trovare accordi per governare il paese. Si parla d’altro. Si parla di qualcosa di più. Perché quello che abbiamo visto in questi ultimi tempi, tra documenti di espulsione e attacchi sguaiati alle istituzioni che sembrano concepite come proprietà privata e non come bene pubblico, relazioni internazionali di dubbio gusto e killeraggi mediatici, per non parlare delle questioni etiche trasformate in propaganda di partito, ecco, tutto questo dimostra che c’è una distanza culturale prima di tutto. E che la scelta, a questo punto, è se stare o meno dalla parte di una politica che si possa dire davvero laica e liberale.
I Capigruppo di Futuro e Libertà ha già definito l'editoriale del webmagazine "fuori misura", e non corrispondente alla linea della nuova formazione politica facente capo a Fini.
Ma il dado è tratto, le dichiarazioni a margine sono quisquilie. E Bossi ha già tuonato: "Fini lasci o si vota".
Dubito che questa maggioranza riuscirà, come si dice, "a mangiare il panettone".
Il problema è il dopo. Governo di transizione o elezioni?
Siamo davvero pronti ad una nuova tornata elettorale (con che legge sopraffina, per giunta!), con la sinistra (non pervenuta) sempre impegnata a (ri)definirsi e la destra affaccendata in lotte intestine?
No. Ho l'impressione che non siamo pronti. E che un governo di transizione (con poche e sensate riforme) potrebbe forse fare meno danni.
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1 commenti:
Assolutamente un governo tecnico per cambiare la legge elettorale. Occorre reintrodurre le preferenze: è inaccettabile che un ristrettissimo insieme di oligarchi decida la composizione del parlamento! Nella cosiddetta prima repubblica anche senza lo strumento della preferenza i rischi erano minimi: in ogni partito venivano eletti sostanzialmente i primi in graduatoria di quel partito, con una discreta selezione naturale. Oggi le scelte sono arbitrarie e non troppo diverse da quelle di Caligola (che nominò senatore un cavallo):
Massimo
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