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Prima pagina del Giornale di oggi, 6 febbraio. |
Dite la verità, vi eravate preoccupati.
Avevate pensato che fosse davvero finita.
Tranquilli, non è così: Silvio c'è, anche se non si vede.
E sta pensando a voi, a noi cioè, alla nostra beneamata Italia.
Quell'Italia che ha risollevato dalle ceneri dei governi democristiani-socialisti dell'amico Bettino, azzerando finalmente il debito pubblico e risanando una volta per tutte il catastrofico bilancio.
Quell'Italia che per pura formalità ha consegnato nella mani di un governo di tecnici, lasciando loro in eredità un paese-gioiello pressoché perfetto al quale bastavano pochi ritocchi qua e là per essere definito un capolavoro politico: disoccupazione inesistente (specie fra i giovani), evasione fiscale definitivamente stroncata, corruzione ai minimi storici.
Un'opera d'arte, praticamente.
Forte del suo inarrivabile successo - scolpito nella mente di tutti gli italiani - vuole per sé la cabina di regìa del centrodestra.
E naturalmente intende proporre il suo modello vincente, quello che ha salvato l'Italia dal declino, che l'ha tratta dalle sabbie mobili di una crisi mondiale mai negata ed anzi sempre alacremente combattuta fino alla vittoria finale, che ci ha permesso di imporci sullo scenario internazionale come paese guida nei settori dell'economia e della finanza.
E dunque eccolo, il modello vincente proposto da Silvio: il partito azienda.
O meglio, una Fondazione - dal nome privo di autoreferenzialità: "Fondazione Berlusconi" - che sia la testa del nuovo partito.
A capo della Fondazione?
Manager, naturalmente: "visto che i politici non sono in grado di amministrare", chiosa Silvio.
Ecco perché gli amici del Giornale ci descrivono il Capo alle prese con bozze di manifesti elettorali preparati dal fido grafico Gianni Comolli.
Un Silvio intento a distillare la summa del Berlusconi-pensiero in vista di un opuscolo sullo stile di Storia Italiana (rammentate? Correva l'anno 2001), un nuovo, rutilante panegirico milleusi, da recapitare nelle case degli italiani e da bere tutto d'un fiato, come la sua Milano anni 80.
Lo ammetto. Talvolta ho attacchi di pessimismo cosmico.
Ma la storia di questo paese, ne converrete, non aiuta.
Ecco perché mi corre un brivido lungo la schiena.
Al solo pensiero che così come accadde nel '94, fra poco più di un anno, l'Italia possa risvegliarsi in mano ad un partito azienda
capitanato dalla famiglia Berlusconi.
Badate, poco importa che
dichiari di non volersi ricandidare (mica è fesso, del resto!)...
Solo una domanda: quali pensate saranno i
cognomi dei manager che rappresenteranno i membri apicali nella cupola della nuova Fondazione? Scommettiamo?
Non so voi.
Ma a parer mio, anche a giudicare dalla costante regressione del centrosinistra (mai così in ripiegamento, proprio ora che sarebbe il caso di esserci, di farsi sentire), mi sembra che possa esservi più di un motivo per non stare affatto tranquilli.
Dunque guardia alta, al solito, mi raccomando.
Se non vogliamo riconsegnare il paese in mano a chi vuole trattarlo - coi risultati sotto gli occhi di tutti - come l'ha trattato fino a ieri.
Alla stregua di una sua personalissima, esclusiva,
proprietà privata.
Update delle 18:30.
Poco fa, dalla pagina
Facebook di Silvio Berlusconi, il portavoce Bonaiuti ha smentito le voci relative alla
Fondazione in questione:
Ne converrete: appare quantomeno improbabile che
il Giornale di oggi sia uscito col titolone di Prima Pagina
ad insaputa di Silvio.
L'unica spiegazione che mi sembra plausibile, pertanto, è che
le lotte intestine all'interno del PdL stia arrivando ad un punto di non ritorno.
Staremo a vedere.
Modello vincente non si tocca.