Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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domenica 19 febbraio 2012

Paniz per focaccia.


Il Gip di Belluno Aldo Giancotti ha disposto l'oscuramento del sito www.Vajont.info, un portale dedicato alla catastrofe del 1963 in cui persero la vita oltre 1900 persone. 

La decisione è stata presa a seguito di una querela - l'ennesima - dell'On. Maurizio Paniz (il relatore della mitica votazione su "Berlusconi credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak") nei confronti del gestore del sito, Tiziano Dal Farra (non nuovo non solo a querele, ma anche a chiusure di siti: del 2007 la chiusura di www.vajont.org).

Dal Farra, in uno dei suoi articoli, aveva accostato molto chiaramente Paniz e Scilipoti al più classico dei rifiuti solidi organici.

Paniz si è naturalmente detto "contento", perché "il mondo della rete è importante ma pericolosissimo".

Torna così alla ribalta la questione dei confini della libertà di espressione in rete.

Questione su cui è entrato a gamba tesa nientepopodimeno che Anonymous, che ha operato un puntuale defacing ai danni del sito di Maurizio Paniz, che da ieri appare così (con tanto di colonna sonora):


Nel comunicato di Anonymous si legge tra l'altro:
interessante è notare come la magistratura italiana abbia fatto il suo esordio censorio in rete con un portale del genere, andando a ledere il diritto primario all'informazione, come se si volesse costituire un precedente: il giudice decide cosa si puo' scrivere e cosa si puo' sapere, ledendo gravemente i diritti all`informazione dei cittadini italiani che potrebbero vedere scomparire dal mondo della rete interi quotidiani, blog, portali informativi, in virtù di una o più frasi ritenute lesive dei diritti di un singolo cittadino".
Ha ragione Guido Scorza a dire che il censore, l'Onorevole Paniz, rischia però ora di diventare censurato e che l'ultima cosa di cui si sente il bisogno è una guerra di censure.

In ogni caso, la cosa inaccettabile, dal mio punto di vista, è che per una singola frase ritenuta diffamatoria, si metta in ginocchio un intero sistema informativo, visto che è stato disposto il blocco contestuale di qualcosa come 3000 siti (tutti quelli collegati a vajont.info).

Nel contesto giuridico della legittima difesa (e ugualmente nell'uso legittimo delle armi) esiste un principio che si chiama di proporzionalità: la difesa dev'essere "pari" all'offesa e, più precisamente, "non sostituibile con altra reazione meno dannosa egualmente idonea alla tutela del diritto proprio o altrui".

Beh, se in qualche modo questo è un parallelo accettabile, mi pare ci sia qualcosa che non va nel caso in questione, o sbaglio?


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