Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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martedì 3 aprile 2012

L'ultimo viaggio.

Shipwrecked, di J.M.W. Turner

Dedicato a tutti i migranti che, alla ricerca della vita, finiscono con l'intraprendere - com'è di nuovo accaduto  ieri - il loro ultimo viaggio.


Non cerco il domani
se sciolgo le vele frustate dal vento,
se danzo sull’onda ubriaca del mare.

È l’oggi che voglio,
la trama presente che si snoda,
la rete che accoglie nel crollo,
la mappa che svela il riparo.

S’allunga dietro me la fila delle orme
arrugginite nel tempo.

Poi ghiaccia d’un tratto l’onda:
opprime le vele,
fende la rete;
la trama si scuce.

Il mare imbroglia il destino,
imbriglia il respiro,
strema il palpito,
risolve il canto.

Ed io sono in un attimo acqua e cielo,
nuvole e sale,
terra e fondale.
Esule arreso di una patria senza confini.


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