Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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venerdì 13 aprile 2012

S.S.S.S. (Senza Senso. Si Spera)


Il piano del Ministro Severino sulla riforma della Giustizia inviato ieri ai partiti, a quanto pare, non prevede la riforma del falso in bilancio.

È il caso di rammentare le parole dell'ex PM di Milano, Piercamillo Davigo (dalla prefazione a "Mani pulite: la vera storia 20 anni dopo", di Barbacetto, Gomez, Travaglio):
Chi vuol corrompere un funzionario pubblico deve avere dei fondi neri, cioè deve falsificare i bilanci. Dietro un bilancio falso molto spesso si nascondono anche tangenti. Le leggi più dannose sono state perciò quella approvata dalla maggioranza di centrosinistra sui reati finanziari e quella della maggioranza di centrodestra sul reato di false comunicazioni sociali. La prima ha ridotto la punibilità per l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti (il sistema più usato per creare fondi neri) solo ai casi in cui si riverberano oltre una certa soglia sulla dichiarazione dei redditi: basta indicare spese gonfiate o inventate fra i costi non deducibili anziché fra quelli detraibili e si ottengono risorse fuori bilancio senza più commettere reato. Con la seconda (riforma del falso in bilancio del 2001) sono state abbassate le pene e dunque ridotta la prescrizione, sicché è quasi impossibile concludere i processi in tempo utile. Ma soprattutto, per le società non quotate, il delitto è stato reso perseguibile solo a querela della parte offesa, creditore o azionista. […] Stabilire la perseguibilità del falso in bilancio a querela dell’azionista è come pretendere la perseguibilità del furto a querela del ladro.

Con entrambe le riforme sono state comunque introdotte soglie di non punibilità molto alte: è stata così prevista la liceità penale della « modica quantità » di fondi neri, come per la droga! I risultati di queste modifiche normative non si sono fatti attendere: al solo processo per l’aggiotaggio Parmalat si sono costituite circa 40.000 parti civili, cioè 40.000 vittime che volevano essere risarcite. Quanto impiega uno scippatore a fare 40.000 vittime? Quanto all’abuso d’ufficio (reato utilissimo per iniziare a indagare) è stato depenalizzato quello non patrimoniale e sono state abbassate le pene per quello patrimoniale, così vietando la custodia cautelare.
È troppo chiedere al Ministro Paola Severino - avvocato, docente universitaria e giurista - per quale motivo, se queste considerazioni di Davigo sono corrette, si continua a non intervenire sul falso in bilancio?

No, perché continuare a parlare del grosso problema della corruzione in Italia nicchiando sul falso in bilancio, ad occhio e croce, appare piuttosto insensato.

Al punto da augurarsi che lo sia davvero, insensato...


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