|
Una sequoia può superare i duemila anni di vita |
Dal
Prof. Woland per la Città Invisibile]
Il caro amico Diego scrive (
qui):
È oltraggio al passato, meschinità del presente, furto del futuro provo un dolore fisico, quando viene abbattuto un albero secolare.
Un grido di dolore che segnala un tema di estrema complessità.
Occorrerebbe affrontare il discorso - tenendo a freno, se possibile, l'emotività - con grande pazienza e non so quale ne sarebbe l'esito.
Mi limiterò a qualche breve osservazione.
Se i castori si moltiplicassero a dismisura e abbattessero tutti gli alberi di una regione del pianeta, parleremmo di barbarie?
Se le zanzare del genere Anopheles uccidessero tutti gli uomini dell'Africa parleremmo di barbarie?
Tutti gli esseri viventi modificano l'ambiente: noi stessi nascendo e riproducendoci modifichiamo l'ambiente. Certo possiamo affermare che l'uomo è estremamente attivo in tal senso: le sue conoscenze scientifiche gli hanno consentito e gli consentono vieppiù di modificarlo (l’uomo “
cancro del pianeta”, secondo la fortunata espressione di
James Lovelock secondo la quale il colpevole dello sfacelo ambientale sarebbe l’uomo stesso, che espanderebbe la sua attività in modo incontrollato, un po’ come fanno le cellule tumorali in un organismo). Si potrebbe sostenere - e i più lo fanno - che ormai noi esseri umani dovremmo aver maturato la capacità di capire quali siano i limiti del nostro operare. Ma può darsi che tali limiti
non esistano o non siano previsti nella nostra specie (l'ipotesi è adombrata anche da
Jean d'Ormesson nel suo bel libro
C'est une chose étrange à la fin que le monde). Forse uccideremo semplicemente, banalmente, l'
ospite (la terra) così come fanno i virus o microbi con il loro
ospite (l'organismo che contagiano).
Forse semplicemente non c'è cura, non c'è antibiotico o antivirale per la malattia chiamata "uomo".
Forse, semplicemente, non c'è nulla da dire.
Siamo solo un'espressione del caso.
Anch'io sento un infinita tristezza quando viene uccisa una pianta secolare. Ma credo che queste emozioni siano delle nostre sovrastrutture. Gli uomini hanno prosciugato i laghi (penso al Fucino), deviato il corso dei fiumi, spianato colline, ucciso un'infinità di loro simili, di animali, da sempre. Un lago non ha la stessa dignità di una pianta? E che dire degli animali che alleviamo - spesso in condizioni terribili - infliggendo loro indicibili sofferenze per sacrificarli sulle nostre tavole? Che dire degli animali domestici che abbiamo "modificato" per renderli in sostanza nostri schiavi o compagni, magari sterilizzandoli e privandoli del loro habitat naturale? Poc'anzi ho sentito la porta dell'ascensore ed il cane dei vicini che abbaiava. Cosa c'è di giusto nell'avere, nei millenni, addestrato il cane a fare la guardia ai nostri beni?
Non c'è un senso in nessuna delle cose che facciamo.
Però noi sentiamo e soffriamo di conseguenza.
La vita si sconta vivendo.
La vita si sconta vivendo.