Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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giovedì 5 aprile 2012

Il sistema.


Alla soglia dei miei primi 40 anni, oggi ho scoperto che di questo paese ho capito poco o nulla.

Ho sempre creduto che il sistema da abbattere fosse quello che storicamente ci vede violentati dalla Mafia, dalla 'Ndrangheta, della Sacra Corona unita, dalla Camorra.

Ho sempre pensato che il sistema da smontare fosse quello della corruzione, dei privilegi, delle persone sbagliate nei posti sbagliati.

Ho sempre immaginato che il sistema da annientare fosse quello dei clientelismi e dei nepotismi, dei favoritismi e del do ut des, della costruzione meticolosa di reti di persone in grado all'occorrenza di "risolvere problemi".

Mi ero convinto persino - giuro - che quello che sta mandando in rovina il nostro paese, il principale responsabile della nostra disastrosa situazione socio-economica fosse proprio la somma di tutto questo, in qualche modo il sistema dei sistemi: parlo della nostra endemica propensione italica al "particulare", dell'inveterata attitudine allo stratagemma per aggirare norme-regole-leggi, dell'atavica pulsione a "fottere il prossimo", specie se ciò mi arreca un qualche beneficio (forse non scevro da un qualche godimento personale) o magari avvantaggia qualcuno che credo possa tornare utile a me, o a qualcun'altro utile a me o a qualcun'altro utile a qualcun'altro utile a me, per superare qualsiasi difficoltà con un colpo di telefono, una mail, un sms, un pizzino...

Confesso di essermi addirittura spinto a pensare, negli ultimi tempi, che il redde rationem cui stavamo giungendo fosse la giusta punizione per la hybris italica, vecchia di secoli, che ci vede insistere con pervicacia nel sostenere e alimentare quanto più possibile questo nostro sistema perverso.
Ad esempio tagliando chirurgicamente le punte di eccellenza: solo la mediocrità favorisce appieno il mantenimento dello statu quo.
Oppure uccidendo il merito: chi sa e chi vale è pericoloso, perché in genere è molto meno bisognoso di "aiuto" e dunque è in genere più indipendente e meno ricattabile.

Tutto questo e molto altro ancora pensavo sul nostro sistema paese.

Poi è scoppiato il caso fondi della Lega.

E ho scoperto che il sistema era un altro: "l'intreccio di politica, magistratura e media".

Me lo ha insegnato la Padania di oggi, che riguardo all'indagine della magistratura, in prima pagina, ha titolato così:


E davanti a questa rivelazione, stamattina, lo confesso accidenti: mi sono ritrovato a sentirmi un po' sistema anch'io.

Mica per altro: giusto per non rischiare di sentirmi "padano".


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