Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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venerdì 24 dicembre 2010

Lettera a Babbo Natale.

La mia lettera al Signore in Rosso...

Caro Babbo Natale,

sono trascorsi molti anni dall'ultima volta in cui ti ho scritto. Chissà  se ti ricordi ancora di me.

Sono stato fortemente in dubbio se scriverti oppure no.

So che sei oberato di lavoro, come tutti gli anni, e che le richieste dei bimbi, i tuoi principali "clienti", sono sempre più complesse ed articolate, in questo mondo sempre più veloce e dispersivo in cui ci ritroviamo a vivere.
Così stavo per rinunciare, anche perché considero quanto ho da chiedere cose che dovremmo risolvere noi persone "normali", come collettività, lavorando uno al fianco dell'altro, ragionando prima col cuore e poi con la testa, pensando al bene di tutti (senza il quale il bene di uno si svuota di significato), come se fossimo, tutti assieme, un'immensa famiglia "allargata".
Poi, riandando indietro con la memoria, ho rammentato che quando ero un bambino eri il simbolo dei miei desideri, realizzabili oppure no, e non soltanto qualcuno cui chiedere qualcosa che sicuramente avrei ottenuto e per cui non c'era da lottare.
Per me, almeno eri così. Ed è per questo ricordo, pertanto, che quest'anno voglio scriverti di nuovo, come ai vecchi tempi. Alla vigilia di Natale.
Per ricordare a me stesso quello che vorrei attorno a me, nel mio mondo, o meglio in un mondo che vorrei sentire ancora più mio.

Vorrei che i cittadini del mio splendido paese, l'Italia, potessero pensare, in ogni regione, in ogni circostanza, che tutti hanno gli stessi diritti, oltre gli stessi doveri, qualunque sia il colore della loro pelle o il paese da dove provengono.

Vorrei, ad esempio. che non avvenisse più che degli alloggi assegnati ai Rom venissero loro negati per motivi razziali, o forse farei meglio a dire "razzisti".

Vorrei che chi parla a sproposito sugli stranieri e sul problema dell'immigrazione in Italia, dai bar, alle piazze, agli scranni del Parlamento, studiasse, si documentasse e fosse onesto con sé e con gli altri.

Vorrei che un posto come "assaggiatore di tabacchi" stipendiato dai Monopoli di Stato, posto che è costato la vita, nel 2001, a un signore di nome Glauco Mancini, semplicemente, potesse non esistere.

Vorrei che molti di noi non avessero bisogno di andar via per cercare una vita migliore e che quelli che sono già andati via, in ogni caso, non vivessero col peso nostalgico e doloroso della patria matrigna che li ha abbandonati al loro destino.

Vorrei che in uno dei paesi UE in cui i giovani sono più travolti dalla tragedia della disoccupazione il Presidente del Consiglio non dicesse che non capisce le manifestazioni di protesta e pensasse che forse, come ha dichiarato il Presidente della Repubblica, le proteste possono essere un sintomo di un disagio più profondo.

Vorrei, infine, che tutti quanti riuscissimo a non pensare soltanto a noi stessi. E  che capissimo, una volta per tutte, che l'unico senso che possiamo dare alla nostra vita sta nello stare insieme, nel tentare di costruire un mondo migliore, nel dare affetto, amore e comprensione a chi ci sta accanto. Cominciando dai piccoli gesti. Gli altri, chissà, magari seguiranno.

Tutto questo vorrei, caro Babbo Natale e tanto altro, che non sto qui a scrivere perché sono certo tu mi abbia capito.
E lo so che nella tua gerla fatata o nel tuo sacco infinito, per quanto immensi, non c'è posto per sogni invisibili e preziosi come questi di un adulto incanutito.

Ma tu sei il detentore dei desideri e delle speranze dei bambini, che a loro volta sono il simbolo della purezza.

Ed oggi, che è la vigilia di Natale, non potevo rivolgere ad altri che a te, così distante nei miei ricordi eppure così presente, ancora, nella parte più pura del mio cuore, la dolce e malinconica speranza in un domani migliore.

Perché senza un domani migliore, non vi sarà purezza che tenga per i nostri figli e i nostri nipoti, quelli ai quali  - noi che potremo - faremo trovare stasera sotto l'albero, grazie al simbolo che tu rappresenti, un frammento infinito della gioia di vivere.

Con l'affetto di sempre

Tuo

Luigi Bruschi

P.P. (Post Post): buona Vigilia a tutti...


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