Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 19 dicembre 2011

Bega Nord.


La Lega Nord is back.

Ricollocata nel ruolo che da sempre le è più congeniale (l'opposizione), da quando si è insediato il governo Monti gli amici di Alberto (da Giussano) - dopo aver tirato un sospiro di sollievo per non dover essere loro gli artefici della manovra lacrime e sangue - si sono immediatamente reimpadroniti del loro consueto arsenale populistico-secessionista.

Hanno riaperto il Parlamento padano, hanno inaugurato un gruppo Facebook privato, cianciano della crisi e delle misure per risolverla come se non avessero alcuna responsabilità al riguardo e non avessero governato fino a ieri, e via discorrendo fra simili amene atrocità, storiche prima ancora che logiche.

L'ultima è quella che il buon Calderoli ha ribadito qualche giorno fa a Villa Riva Berni, la nota sede mantovana del Parlamento del Nord.
Ecco i passaggi chiave (grassetto mio):
«Tra la secessione e il federalismo scelgo l’autodeterminazione dei popoli, diritto garantito dalla comunità internazionale».
«È una strada percorribile proprio perché condivisa dalla comunità internazionale». 
«L’autodeterminazione è il diritto di ogni popolo di dotarsi di uno status politico e istituzionale proprio; la secessione, invece, è il distacco di un gruppo dallo Stato nazione».
«Prima dovremo chiedere il diritto all’autodeterminazione all’Onu, assieme al riconoscimento di un comitato di liberazione; poi dovremo fare la battaglia in casa con una modifica costituzionale, prima al parlamento della Padania e poi a quello italiano [...] scrivere che la sovranità appartiene ai popoli e che l’Italia è una repubblica federale». 
Tutto bellissimo (si fa per dire).

Un vero peccato che nel paragrafo conclusivo della risoluzione Onu 2625 (XXV) riguardante "Il principio degli uguali diritti e dell'autodeterminazione dei popoli" stia scritto:
"Niente nei precedenti paragrafi sarà interpretato come autorizzante o incoraggiante qualunque azione che smembrerebbe o menomerebbe, in tutto o in parte, l'integrità territoriale o unità politica di stati sovrani indipendenti che si comportano in conformità con il principio di eguali diritti e autodeterminazione dei popoli come sopra descritti, e perciò dotati di un governo rappresentativo dell'intero popolo appartenente al territorio, senza distinzione di razza, credo o colore".
E che peccato che quello padano abbia la stessa dignità di essere definito 'popolo' di quello, che so, del Regno delle due Sicilie, o di quello del Granducato di Toscana.

Sentir parlare di comitato di liberazione, poi, lo confesso, mi fa letteralmente accapponare la pelle (per tacere dell'ipotesi della Repubblica federale).

Sia ben chiaro: non è che mi senta più di tanto preoccupato per quello che può accadere (non per il momento, almeno).

È solo che, oltre a farmi un'enorme tristezza, penso alla faccia che faranno all'Onu quando il gruppetto in verde degli amici di Alberto avanzerà una simile proposta. 

Né più né meno, credo, che la faccia del bimbo che apre questo post.

Poi dice che uno si vergogna di essere italiano...


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