Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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giovedì 8 dicembre 2011

L'insostenibile arroganza degli ex.


[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile] 

Martedì sera ho assistito alla trasmissione televisiva Ballarò.

Erano presenti l'On. Mariastella Gelmini e l'On. Roberto Maroni, entrambi ministri del governo Berlusconi.

Devo dire che pur essendo d'indole assai pacifica ho faticato molto a mantenere la calma. 

I due ex ministri parlavano con sicumera e persino con arroganza. Maroni poi, si permetteva di sciorinare numeri, dati, critiche, oltre che altezzosi sorrisetti di scherno.

Ora, secondo una efficace metafora usata dal Senatore Gianpiero D'Alia dell'Udc durante il dibattito seguìto alla presentazione in Senato del decreto, il Presidente Monti “è salito su un treno in corsa che stava per deragliare ”. Lo ha ricordato, in tv, lo stesso Mario Monti.

Ebbene, se ci atteniamo alla metafora, possiamo osservare che in caso di disastro ferroviario o anche in caso di mancato ma probabile disastro, i macchinisti sono soggetti ad un'inchiesta sia da parte delle Ferrovie che da parte della Magistratura.
Certo non vanno a pontificare nei talk-show ma se ne stanno costernati e sotto shock, addolorati e mortificati.

Ora si dia il caso che fino ad un mese fa e per ben tre anni e mezzo prima, mentre quel treno correva all'impazzata incontro ad un deragliamento da tutti previsto ed annunciato, alla guida del treno c'erano loro.

Erano loro i macchinisti.

Loro sono dovuti saltare dal treno in corsa, per manifesta incapacità, per permettere al Prof. Monti e ai suoi ministri di salire a bordo del treno impazzito e controllarne la corsa.

Ed allora, signori ex ministri, abbiate un po' di ritegno.

Non chiediamo inchieste. Non vogliamo neppure più parlare del disastro, noi passeggeri terrorizzati.

Ma fateci il piacere di chiudervi in casa, in religioso silenzio.

A recitare l'atto di contrizione.


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