Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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venerdì 16 dicembre 2011

Sempre su Leah Beth...

Leah Beth insieme con la sua mamma.
Il quotidiano online Dailyblog mi ha chiesto se volevo contribuire alla loro avventura con una mia rubrica personale.

Ho accettato e così da oggi mi trovate anche lì, nella rubrica D'altro canto

Come primo articolo, ho deciso di continuare a riflettere sulla drammatica storia di Leah Beth di cui ho dato conto un paio di giorni fa, con particolare riferimento alle posizioni della Chiesa.

Se vi va, le mie considerazioni al riguardo - nate da una bella conversazione col Prof. Woland - potete trovarle qui.


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