Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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sabato 31 dicembre 2011

Buon anno anche da Bruno Volpe.


E un sentito messaggio augurale è arrivato anche dall'ineffabile Bruno Volpe, curatore del sito Pontifex, che nella sua omelia di fine anno ha scelto di rivolgersi in particolare ad un paio di categorie di peccatori incalliti bisognosi di redenzione.

Conviventi e gay.

Ecco le sue parole (grassetto mio):
Prendiamo le coppie etero che convivono. Sono uno scandalo ed un'offesa al buon senso, oltre che in stato di peccato gravissimo. Costoro, salvo pentimento esercitato in modo sacramentale e cambiamento di rotta (ossia termine della vita dissestata) non possono accedere alla Comunione, eppure qualche "prete", pur conoscendo la situazione, chiude entrambi gli occhi [...] Per la verità, dal sacramento andrebbero allontanati anche i genitori cristiani che tollerino questa offesa. 
Veniamo ai gay. Essere omosessuale, ossia essere nato "malato" (secondo numerosi psicologi e psichiatri non allineati), non è una colpa. Se il gay accetta con pazienza e rassegnazione, in castità e dignità questa situazione, bene. Ma se il gay si da alla vita da libertino, inneggia all'omosessualità, aberrazione che ripugna nella pratica e grida vendetta al cospetto di Dio, costui è escluso dalla santa Comunione, perché pubblico peccatore.
Chiaro?

Siete avvisati.

Per quanto riguarda me, da buon convivente, accolgo il crucifige di Bruno Volpe con sincero pentimento.

Restando in attesa di sapere se come primo atto di contrizione è sufficiente che mi cosparga il capo di cenere.

Nel frattempo espio in ginocchio sui ceci, naturalmente.


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