Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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sabato 31 dicembre 2011

Gli auguri del Giornale ad Angela Merkel.

E per finire in gloria l'annus horribilis del tracollo italiano, il Giornale del Cavalier Dott. Lup. Mann. Onorevole Silvio Berlusconi, al retroscena rilanciato dal Wall Street Journal sull'incitamento di Angela Merkel al Presidente Napolitano perché Berlusconi lasciasse, risponde oggi titolando così:


Stessa solfa nella versione online, naturalmente:



A parte l'evidente abominio etico-professionale, gli uomini di Sallusti devono aver considerato un irrilevante particolare che Silvio Berlusconi, il 12 novembre scorso, ha rassegnato le sue dimissioni.

E che sempre lo stesso Berlusconi, lo scorso 21 dicembre, ha dichiarato in un'intervista a Chi:
"Mi sono dimesso perché ho ritenuto che l’Italia in un momento difficile avesse bisogno della massima unità e solidarietà delle forze politiche, di uno sforzo comune eccezionale. Io non ho mai subito un voto di sfiducia in Parlamento e il mio schieramento ha tuttora la maggioranza al Senato e alla Camera. Avrei avuto la possibilità di finire la legislatura per poi essere giudicato dagli elettori. Ma il bene del mio Paese richiedeva un sacrificio, e l’ho fatto per ridare serenità ad un Paese spaccato che aveva bisogno di superare le divisioni per affrontare questa fase difficile".
Ora sia ben chiaro: se al Giornale intendono riciclarsi in un quotidiano satirico stile Vernacoliere facciano pure.

Se però non è così, facciano una buona volta un grande regalo alla stampa e alla categoria tutta: chiudano i battenti.

Mica per altro: giusto per cominciare un po' meglio il nuovo anno.


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