Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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domenica 18 dicembre 2011

Se la politica fallisce...

[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile] 

Scendo le scale e mi fermo a parlare un attimo col portiere del mio stabile.
Il discorso cade inevitabilmente sulla manovra economica. “Assolutamente sbagliata” - sentenzia - “è recessiva”.
Arrivo all'edicola: il meccanico e l'edicolante discutono animatamente.
Il primo sostiene che è un grave errore reintrodurre l'ICI sulla prima casa perché deprimerà il mercato immobiliare, il secondo ritiene errato passare dal sistema retributivo a quello contributivo per il calcolo delle pensioni.

Mentre acquisto una copia del mio quotidiano mi viene in mente che il mondo sta diventando incomprensibile.

Da non credere! Un Governo espressione di una coalizione uscita vincente dalle urne e un'opposizione quasi al completo si tirano indietro per cedere il timone ad un Governo di tecnici dove figurano decine di professori, economisti di fama, banchieri e l'uomo della strada, per niente impressionato, discetta di economia e suggerisce gli interventi corretti?!

Che dire? Evidentemente ormai dev'essere diventata la strada la vera Università.

Queste perplessità sono il substrato dell'interessante editoriale di Joaquin Navarro-Valls (la Repubblica, 07-12-201).

In estrema sintesi il problema è: come conciliare l'esigenza - sempre più sentita in un mondo estremamente complesso e globalizzato - tra una grande necessità di competenza dei governanti (competenza che attese le caratteristiche del mondo contemporaneo dovrebbero, secondo Navarro-Valls, riguardare soprattutto l'economia e la finanza) e la libera scelta di quest'ultimi da parte del cosiddetto popolo sovrano?
È possibile pensare il bene democratico attuale senza una politica competente sul piano tecnico ed economico?”,
si chiede Navarro-Valls?
Certamente la risposta è negativa. 
Ma allora come si possono e si devono coniugare le due esigenze?
Il segreto di una solida democrazia non è il ricorso a tecnici preparati e prestati alla politica a causa della mancanza d'idoneità e competenza dei politici di professione, ma un'arte di governo in grado di esprimere al suo interno un personale selezionato dal consenso idoneo a rappresentare la sovranità popolare con competenze adeguate a problemi sempre più complessi come sono quelli che emergono nel nostro tempo, mercati finanziari inclusi. La preparazione, a conti fatti, è un criterio politico ultimo, fondamentale, non separabile dall'interesse di coloro che sono guidati con senso profondo dal valore democratico della rappresentatività. Anche perché, a ben vedere, una politica veramente democratica per funzionare a dovere richiede sempre, al contempo, competenza tecnica, bene comune e consenso popolare.”
Questa è la soluzione del problema secondo Navarro-Valls e credo che sia assolutamente impossibile essere in disaccordo con lui.

Lungi dall'essere un paradosso, sono convinto che proprio per queste ragioni sia inaccettabile la posizione di coloro che criticano l'avvento del governo Monti. 

Quando, infatti, la politica fallisce completamente il suo compito e non riesce "ad esprimere al suo interno", quelle competenze che sono irrinunciabili per la guida del paese non c'è altra soluzione. 

Ed è inutile pertanto parlare di scippo o di esproprio della sovranità popolare. Sono l'incapacità e l'incompetenza a determinare certi provvedimenti. 
Non è un caso che anche ai genitori si possa togliere la potestà genitoriale per affidare i figli ad un'altra famiglia, in caso di manifeste mancanze o incapacità.

E poiché non si può negare che l'attuale classe politica abbia dimostrato con assoluta evidenza la propria incapacità, non ci resta che accettare l'affidamento temporaneo ad un governo tecnico.

Naturalmente con l'intesa che a questo governo non si affidi una cambiale in bianco.
Questo anche se il controllo dell'opera governativa non sarà certo cosa facile, soprattutto perché alcune forze politiche stanno cavalcando la tigre della protesta per incamerare i voti in fuga dai partiti più accomodanti.

Ragione di più per continuare a reclamare da parte di tutti il massimo impegno e il massimo rigore nel seguire la strada indicata da Navarro-Valls: ricreare le condizioni - politiche, sociali, culturali - affinché sia la politica ad esprimere le competenze necessarie al governo del paese.

Nella speranza, dopo l'affido temporaneo, di poter ritornare al più presto "a casa".


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