Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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sabato 21 gennaio 2012

Il naufragio della concordia.

[Foto da Reuters.it]

Costa Concordia.

Una tragedia paradigmatica, sotto molti punti di vista.

Di come la nostra sicurezza sia appesa ad un filo sottile. Che non ci vuole poi così tanto a recidere.

Di come possa essere misera la maschera umana. Il Comandante Schettino, quali che siano gli esiti delle indagini, ha finito col rappresentare la summa delle debolezze umane: l’incoscienza, l’irresponsabilità, la viltà.

Di come sia sempre facile - e forse fin troppo scontato - ridirezionare la propria indignazione, categorizzare: da un lato il mostro - Schettino - dall'altro l'eroe - il Comandante De Falco.

Questa nostra propensione a tracciare nettamente il confine tra il Bene ed il Male è apparsa anche stavolta, come in altre occasioni, più di un ‘atteggiamento’: piuttosto un istinto atavico, quasi un bisogno profondo. In qualche modo, forse, una pratica rassicurante, utile ad esorcizzare. E magari anche ad espiare.

Fatto sta che troppe cose non quadrano in questa vicenda.

Schettino non era solo, moldave a parte, quella sera. 
Un intero equipaggio lo supportava.

Questo rende la vicenda più drammatica, certo, ma a pensarci bene al tempo stesso più inquietante.

E rende necessario porsi delle domande.

La società Costa Crociere sapeva del passaggio (troppo) vicino all'isola previsto per quella sera, dal momento che era stato effettuato - e pubblicizzato - altre volte?

E sempre la Costa Crociere - a quanto pare prontamente avvisata da Schettino - quanto e come ha influito nei ritardi relativi alle procedure di evacuazione, magari per evitare l'esborso assicurativo di 10 mila euro a passeggero, ergo 40 milioni di euro?

Costa si è costituita parte lesa. Staremo a vedere.

Certo la superficiale placidità con cui a quanto sembra i gradi apicali a bordo della Concordia hanno affrontato il dramma è talmente eccezionale da apparire quantomeno sospetta.

Anche in barba a tutti i sacrosanti discorsi sulla disorganizzazione e la pusillanimità italiche.

Tutti impreparati? Tutti vili? Tutti incoscienti? Chissà.

Io ho la sensazione che questa vicenda abbia ancora troppi lati oscuri da chiarire per risolversi in una scontata e frettolosa caccia all'uomo (nero).

Che, sia ben chiaro, trovo sbagliata di per sé.

Perché nessun essere umano, a prescindere dalle sue azioni, merita il linciaggio.

La giustizia faccia il suo corso e accerti le responsabilità.

Di tutti.

Quanto a noi, “spettatori” del dramma, in un paese in cui l’etica della responsabilità è fin troppo spesso  assente, credo faremmo bene ad assumerci per prima cosa l'onere di non soffiare sul fuoco della tragedia.

E a tenere a bada l’emotività.

Perché il delicato momento storico lo richiede: questo è tempo di costruire, non di distruggere.

Almeno se vogliamo impedire che la concordia sociale rovini sugli scogli di una cieca indignazione.


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