Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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venerdì 7 gennaio 2011

Vite parallele.

Fiamme sul Maghreb.

Sto provando ad immaginare come dev'essere vivere in un paese in cui il governo imbavaglia la rete, lotta contro i social network tipo Facebook e limita con ogni mezzo la libertà di espressione attraverso i media.

Sto provando ad immaginare come dev'essere vivere in un paese in cui il governo non attua politiche di sostegno per i giovani e si dimostra palesemente inefficace nel contrastare il fenomeno della disoccupazione, che sfiora la drammatica cifra del 30%, tanto da indurre i "senzalavoro" ad una rivolta di piazza che ha acceso la miccia nel Maghreb.

Sto provando ad immaginare come dev'essere vivere in Tunisia, oggi.

E la cosa incredibile è che da un lato posso solo immaginarlo, dall'altro sento distintamente, da anni, il tanfo mefitico dei soprusi, degli inganni, delle prevaricazioni da regime monocratico.

Perché tutto questo, bavagli alla rete , lotte contro contro Facebook,  censurelimitazioni della libertà di espressione e tentativi di chiudere trasmissioni televisive di successo, seppure con sfumature differenti, non sta avvenendo, a fatti o a parole, da più di 15 anni, solo in Tunisia.

Come non soltanto in Tunisia la disoccupazione giovanile (notizia di oggi, fonte Istat) sta sfiorando il 30%.

E allora provo ad immaginare di vivere in un paese diverso.

Diverso da questa Italia.

Che non volevo e non voglio.

E che non smetto di sognare unita, equa ed onesta.

Un altra Italia, da quella di ora. Ma sempre Italia. 

Perché non voglio arrendermi all'idea che il nostro futuro, come quello di tanti italiani - ieri soprattutto, ma oggi di nuovo come ieri - debba necessariamente essere ricercato fuori dai confini di questo meraviglioso paese.

Per questo continuo ad immaginare di vivere in un paese diverso dalla Tunisia.

Così lontana... e al tempo stesso così maledettamente vicina.


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