Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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domenica 9 gennaio 2011

C.G.D.: Corso di Giornalismo Drogato. Lezione n° 1.


La Città Invisibile inaugura oggi una nuova rubrica che, a meno di una rivoluzione epocale nel nostro paese, è destinata a regalarci svariati ed intensi momenti culturali.

Parlo infatti di  un vero e proprio corso di giornalismo moderno, in pillole naturalmente.

Si sa: oramai in Italia si fa a gara a chi dà saggi migliori di giornalismo drogato
Notizie inventate, confezionate su misura, falsate, presunte, date e poi smentite: ce n'è per tutti i gusti.

Se questa pertanto è la nuova professione bisogna attrezzarsi: altrimenti, se non si sta sull'onda, surfando con maestria, si rischia di venir tagliati fuori dal nuovo mondo del lavoro!

Ecco allora il Corso di Giornalismo Drogato, sottotitolo "Come avvelenare l'informazione e far sballare il pubblico", ad uso di tutti coloro che aspirano ad impadronirsi di quella che appare sempre più come un'arte squisita e sopraffina.

Lesson number 1.

Si parte da un obiettivo, preferibilmente politico. Una tesi da dimostrare.

Vedo perplessità nei vostri occhi. State corrugando la fronte e inarcando le sopracciglia?
Buon Dio, non sarete mica ancora fra quelli che pensano che il giornalismo sia "dare le notizie"?!

Suvvia, bando alle ingenuità! Lasciate perdere tutte le buone intenzioni e i discorsi sull'"informare correttamente": non vanno più di moda. Questo è il paese dei Feltri, dei Sallusti, dei Belpietro, dei Minzolini. L'informazione sono loro: sono loro i nuovi "maestri".

Dunque si diceva: dovete partire da una tesi da dimostrare. Un po' come costruire un teorema: si parte da "vogliamo dimostrare che..." e si finisce con "come volevasi dimostrare". In mezzo, la notizia. 
Drogata.

Facciamo un esempio pratico?

Obiettivo: gettare fango e far crescere l'odio nei confronti della categoria sociale dei  magistrati, alla vigilia del pronunciamento della Consulta sul legittimo impedimento.

A questo punto si spulciano schedari, si fanno ricerche in rete, si ricicciano ritagli di riviste o quotidiani messi precedentemente da parte per l'occorrenza. Si reperisce, insomma, tutto il materiale utile.

Ovviamente, il focus dell'articolista dev'essere a ciò che fa più incaxxxxxare la gente. Se si parla di categorie sociali si va sul sicuro: se gli esponenti della categoria, prendi i magistrati, guadagnano un po' di soldini e magari riesco a far passare l'idea che lavorano pure a ufo, il gioco è fatto.

Ora ci vuole un titolo denso di significato. Eccolo: Toghe, stipendi choc: 1 miliardo di euro l'anno.

Forte, no?! Praticamente c'è già tutto.

Ma si può fare di più. 
C'è bisogno di un incipit ad effetto, che sintetizzi tutto il senso dell'articolo (per di più, molti leggeranno senz'altro solo le prime e le ultime righe...).

Ecco allora l'incipit: "Pagati, viziati, lentissimi e ipersindacalizzati". 
E giù dati e numeri a sostegno della tesi.

Non è un esempio perfetto di giornalismo drogato?!

Lo è.

Specie se i dati sono parziali, se le riflessioni su alcuni numeri non vengono contestualizzate, se non si cita la madre delle richerche riguardo alla Giustizia: il rapporto Cepej 2010 (Cepej= Commission européenne pour l’efficacité de la justice, cioè Commissione europea per l’efficienza della giustizia).

Che parla di un numero bassissimo di magistrati italiani, che produce una mole di lavoro immensa in tempi lunghi ma tutto sommato onesti, considerata la media europea. Quanto agli stipendi, sono fra i più alti quelli dei magistrati dell'ultimo grado di giudizio, mentre la questione cambia radicalmente per giudici e pm ad inizio carriera. E così via.

Questa sarebbe stata la verità. Quella che andava di moda nel vecchio giornalismo. Quello non drogato.

Rammentate dunque: la verità, per drogare l'informazione in modo ineccepibile, va assolutamente bandita.

Ecco: la lezione numero 1 del Corso di Giornalismo Drogato può terminare qui.

BIBLIOGRAFIA: se per ripassare ed approfondire voleste leggere con i vostri occhi l'esempio citato, cioè l'articolo a firma di Francesco Maria del Vigo, pubblicato sul sito del quotidiano Libero, lo trovate QUI.

Buono studio. E alla prossima lezione.

[Già pronto per le prossime lezioni? Ok: Corso di Giornalismo Drogato. Lezione n°2.Corso di Giornalismo Drogato. Lezione n°3]


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