Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 14 novembre 2011

Gioco di prestigio.



Altro che "gesto generoso", come lo ha definito ieri nel suo discorso.

Silvio Berlusconi, sia ben chiaro a tutti, ha optato per l'unica soluzione in grado di dargli una piccola chance di salvare il salvabile (della propria immagine politica e delle sue aziende, non già del paese): abbandonare la barca che affondava. 

Pensateci: se rimaneva al timone e il paese colava a picco, per Silvio non ci sarebbe stata alcuna possibilità di sopravvivere politicamente. 

Sia i numeri che i pregiudizi, oltre che i giudizi, avrebbero giocato a suo sfavore e Silvio sarebbe passato alla storia come il Premier che aveva consegnato l'Italia alla rovina.

Sono mesi che il nostro paese è sotto attacco speculativo (come lui stesso non ha mai smesso di ripetere).

Ma Silvio si è sempre mostrato risolutissimo a non dimettersi.

Era il 5 novembre scorso quando usciva la seguente nota della Presidenza del Consiglio:


Solo una settimana dopo, le dimissioni.

Come mai?

Colpa del mercoledì nero, considerato il punto di non ritorno.

In realtà non è cambiato nulla nella testa del Premier dimissionario: pensava al proprio personale destino prima, pensa al proprio personale destino ora.

Finché ha potuto, ha retto, sperando che la situazione non precipitasse (troppi interessi in ballo: legittimi impedimenti su tutti). 
Quando il gioco non è più valso la candela, ha mollato, prima che fosse troppo tardi.
Per lui, ovviamente.

Ed infatti l'ex Premier ha inteso subito parlare alla nazione e rilanciare il proprio impegno (raddoppiato, ha detto: il che, giocando con le parole, equivale a dire che fino al giorno prima, con l'Italia ad un passo dal default, il suo impegno era dimezzato rispetto ad oggi... cose che capitano).

E dunque passo indietro e largo a Monti. 

Ora, delle due l'una: o l'Italia si salva o appunto cola a picco.

Pensateci: se si salva, i media amici sbandiereranno ai quattro venti il gesto generoso di Silvio che col suo passo indietro ha contribuito in modo decisivo a salvare il paese.

Se invece l'Italia cola a picco, ebbene Silvio l'aveva detto: lui non aveva alcuna responsabilità sul crollo della nazione, né d'altronde poteva fare alcunché per risollevare le sorti del paese. 
Tant'è vero che non c'è riuscito neppure SuperMario Monti.

Naturalmente, tra le due ipotesi, il Giornale e Libero hanno già scelto su quale puntare:



Anche qui sia chiaro: il fatto che le cose continuino ad andar male ora che Berlusconi si è dimesso non implica certo che lui sia esente dalle gravi responsabilità che ci hanno fatto arrivare dove siamo.

Ed in ogni caso, diciamocelo: speculare sulla crisi dell'Italia, strumentalizzandola per salvare la faccia a chi l'ha già persa, ha tutto il sapore di un'operazione di sciacallaggio mediatico.

Che ha il merito di aiutarci a comprendere, una volta per tutte, la differenza che passa tra i seguaci nominali di un partito chiamato "Forza Italia" (oggi Pdl) e chi quell'incitazione la porta davvero nel cuore, testimoniandola, giorno dopo giorno, con il proprio impegno quotidiano.


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