Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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giovedì 3 novembre 2011

Svolta pericolosa?


Il Big Bang di Matteo Renzi è alle spalle.

Cosa sia realmente accaduto alla Leopolda, qui a Firenze - da dove scrivo - non è facile stabilire.

Credo si possa affermare che è accaduto un po' tutto quello che è stato detto e scritto.

Di buono e di meno buono.

Il buono è che si è parlato di politica - concordo con Alessandro Gilioli - e che lo si è fatto dando vita ad un dibattito pubblico che nel centrosinistra è qualcosa di cui si sentiva (e tutt'ora si sente) un forte bisogno - e su questo concordo con Dino Amenduni.

Di buono c'è anche che è apparso all'orizzonte un vero sforzo di concretezza, rappresentato dalle famose 100 proposte che da lunedì circolano in rete e sui media.

E di buono c'è che avere un ruolo di primo piano nella deflagrazione di quel magma inerte che da qualche tempo è il centrosinistra (o forse dovrei dire il Pd...) costituisce certamente, di per sé, un fatto positivo.

E però, però.

C'è anche il meno buono, si diceva. Ed è un meno buono che fa storcere il naso a molti. Guarda caso soprattutto a sinistra.

Del resto se Vittorio Feltri loda il buon Matteo, ci dovrà pur essere qualcosa che non va, no?!

Pregiudizi a parte, provo ad elencare qualche elemento che mi pare ascrivibile alla categoria del "meno buono".

Meno buona mi pare l'impronta personalistica data all'evento.

Meno buona mi pare l'esclusione a tavolino degli storici rappresentanti di quell'universo di "non attempati" che pure avevano iniziato l'avventura da moschettieri, nel motto tutti per uno/uno per tutti: penso a Pippo Civati e a Debora Serracchiani.

Meno buono mi pare il niet alle bandiere del PD alla stazione Leopolda, dal momento che Renzi è sindaco espresso dal Partito Democratico e eletto dagli elettori del Partito Democratico, oltre a dare mostra lui stesso di voler suscitare una riflessione "nuova" proprio all'interno del Pd (o forse non più?!).

Meno buona mi sembra la strategia (o la tattica) per cui si cavalca l'onda del malcontento puntando su una comunicazione mediatica che pretende di toccare tutti i nodi fondamentali della protesta (e delle critiche al centrosinistra): Renzi si presenta infatti come l'incarnazione dell'antipolitica, dell'anticasta, dell'antileaderismo, dell'anti-antiberlusconismo, e via dicendo.

Meno buono mi sembra l'atteggiamento di chi come Renzi, con le 100 proposte nel cassetto, alla richiesta di Fazio (a Che Tempo che fa) di elencare appunto qualche proposta concreta risponde: "innanzitutto è una questione di metodo (segue discorsetto sul metodo e poi:)... c'è bisogno di tornare a parlare di problemi concreti".

Per il resto è vero: il clima della Leopolda è qualcosa che fa bene al centrosinistra (e non solo al centrosinistra).

Ma anche qui mi chiedo: è davvero Renzi la causa di quel clima?

O forse il momento storico del "se non ora quando?", l'approssimarsi della fine dell'era Berlusconi, le piazze di Pisapia e De Magistris sono invece il segno di una rinnovata passione civica che porta la gente a seguire con interesse e curiosità un po' tutti i fermenti in atto non appena se ne presenta l'occasione (e dunque, sulla scia, anche gli eventi tipo il Big Bang di Renzi)?

E mi chiedo ancora: mettere su un palco qualcuno senza capelli bianchi, un po' simpatico e con la battuta pronta, affiancandogli Alessandro Baricco per i testi e Giorgio Gori per la scenografia, fa di quel "giovane" - Renzi in questo caso - l'homo novus della svolta?

Non saprei.

Quello che so è che gli indizi meno buoni mi sembrano un po' troppi.

E a quelli già menzionati, se ne aggiunge purtroppo un altro, per nulla edificante.

Il fatto cioè che un giovane "vero", il 27enne Segretario Metropolitano del PD, Patrizio Mecacci,  in 3 giorni di convention non sia riuscito ad iscriversi a parlare sul palco.

E al riguardo si è appreso che, casualmente, pochi giorni prima dell'evento, Mecacci aveva osato (qui il filmato: dal minuto 16 e 30) parlare in modo "critico" della corsa solitaria del suo Sindaco nell'organizzazione del Big Bang.

Non so: continuo ad avere la sensazione che la svolta renziana non stia nascendo propriamente sotto i migliori auspici.


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