Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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martedì 7 settembre 2010

Scuola sotto esame: gli studenti bocciano metodi e insegnanti.


La scuola fa un brutto effetto?

A pochi giorni dal termine del sondaggio che ho lanciato a fine agosto sull'insegnante ideale  (mi raccomando, votate se non lo avete fatto!), ripropongo qualche riflessione sulla scuola, mentre impazzano le proteste dei precari e si profila all'orizzonte un'altra annata molto dura per "i missionari dell'educazione" (si possono chiamare altrimenti quanti scelgono, per vocazione, di inseguire il sogno di un lavoro bellissimo ma sottopagato, in ambienti troppo spesso non decorosi, poco o nulla assistiti dai vertici politici da un lato e dalla base della piramide costituita dai genitori degli alunni dall'altro?!).

Una ricerca condotta su 1600 studenti di Scuola media e superiore da Comunicazione Perbene, un'associazione no profit, ha rilanciato problemi già noti che a tutt'oggi attendono risposte o almeno proposte di soluzione.

I dati sono chiari e significativi. Ne cito solo i principali (ma sono tutti importanti: trovate il link al file pdf a fine articolo):
  1. il 75% ritiene che i new media renderebbero le materie più digeribili
  2. il 73% si dichiara non a proprio agio sui banchi di scuola
  3. il 73% lamenta le aule informatiche inutilizzabili
  4. il 71% denuncia lo stato pietoso dei banchi
  5. il 69% ritiene i programmi noiosi o poco interessanti
  6. il 67% vorrebbe una scuola più tecnologica, con la possibilità di utilizzare Smartphone e I-pad
  7. il 65% non capisce il motivo per cui si dovrebbe studiare il pensiero dei grandi del passato
  8. il 63% sogna un professore come Robin Williams nel film "L'Attimo Fuggente"
  9. il 61% è dell'idea che i new media migliorerebbero i rapporti con l'insegnante e con i compagni
  10. il 49% reputa che i metodi di insegnamento siano noiosi
  11. il 48% lamenta la cantilena degli insegnanti che fa addormentare durante le spiegazioni
  12. il 39% ritiene troppo avanzata l'età degli insegnanti

Quadro interessante, no?

Tento un'estrema sintesi della percezione degli studenti:
  1. Esagerata distanza generazionale
  2. Metodi noiosi e non al passo con i tempi
  3. Assenza di relazione in aula
  4. Strutture poco accoglienti (i tecnici direbbero "poco ecologiche" o "poco ergonomiche").
Anche senza avere una diretta esperienza della scuola, chiunque può riconoscere in questi punti i nodi cruciali del sistema scolastico.

Il problema dei metodi didattici, ad esempio, è sicuramente focale.
I programmi ministeriali sono ancora troppo spesso stilati senza un'approfondita riflessione sui metodi, e questo riguarda paradossalmente più le scuole medie e superiori (dove la libertà metodologica degli insegnanti, nel vincolo dei programmi, è pressoché assoluta), che nelle scuole primarie, dove l'attenzione al rapporto obiettivi didattici-metodi per raggiungerli è sempre molto presente.

Di conseguenza, l'utilizzo dei media nell'insegnamento è da ritenersi irrinunciabile, se vogliamo cominciare a parlare la stessa lingua dei nostri ragazzi. I programmi devono essere rivisti in tal senso, così come le strutture. Che ovviamente hanno bisogno di fondi e supporti che vanno al di là di quanto si sta facendo.

Ma il nodo centrale resta l'assenza di relazione e l'incapacità di coinvolgere denunciata da metà degli studenti che hanno partecipato alla ricerca.
Le isole felici esistono, ma il problema delle capacità relazionali degli insegnanti deve assolutamente essere considerato come una priorità ineludibile.
Relazioni buone insegnante-allievo: un'utopia?

L'insegnamento senza relazione è un mero esercizio di stile. E la cultura non è (più?) solo nozionismo, ma capacità d'analisi, voglia di dare un senso al nostro passato e passione civica per interpretare il ruolo di cittadini del mondo.

Questa sfida si vince con una formazione degli insegnanti seria, che non passi solo per l'accertamento della conoscenza dei contenuti da insegnare (condizione necessaria ma non sufficiente)


Resta fuori dalla ricerca il tema valutazione. Chissà perché. Forse gli studenti, sempre molto attenti agli aspetti valutativi (anche per colpa della nostra impostazione scolastica), non sono stati sollecitati sulla questione. O invece (magari!) significa che ritengono molto più importanti le altre problematiche, il che potrebbe essere il segnale di una certa maturità d'analisi.

Abbiamo già tirato fuori tanti spunti!

Approfondiremo meglio al termine del sondaggio, analizzando i vostri voti.

Nel frattempo, se volete lasciare qualche riflessione, siete i benvenuti.



FONTI: il documento di sintesi della ricerca con tutti i dati lo trovate QUI

Potrebbe interessarti anche: Progetto scuola: quando cominciamo?!

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