Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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giovedì 11 agosto 2011

Caro Giuliano: nemmeno "ragionevolmente".



Prevedendo l'inizio delle grandi manovre del governo berlusconiano sul fronte del sacrificio economico, due giorni fa il pachiderma del giornalismo italiano, Giuliano Ferraraspiegava dalle colonne del suo quotidiano che mentre le tasse sono impopolari, i tagli sono bellissimi (qui la tagliente risposta di Malvino al Direttore del Foglio).

Lo spunto era tratto da uno studio di un anno fa a cura degli economisti Alesina-Carloni-Lecce, la cui tesi principale veniva ripresa così dallo stesso Ferrara:
"non c'è evidenza che il rigore fiscale danneggi i governi uscenti riducendone la probabilità di rielezione".
Il messaggio dell'elefantino era chiaro: "Silvio, non temere di perdere le elezioni se fai tagli ingenti, perché gli studi dimostrano che si vince le elezioni anche con politiche rigorose".

Tralasciando la totale assenza di una sana etica politica dietro un simile ragionamento - che ancora una volta la dice lunga sul Premier, in dubbio se salvare il Paese rischiando di perdere le elezioni o farlo inabissare nel baratro lasciandosi una flebile speranza di essere rieletto - un lapsus calami deve aver impedito a Giulianone di aggiungere un concetto fondamentale, già presente peraltro nell'abstract dello studio in questione:


I governi che possono permettersi una rigorosa politica di tagli senza necessariamente perdere per questo le elezioni rischiano di essere "solo quelli forti e popolari".
Nelle conclusioni dello studio, si parla in definitiva di governi "reasonably solid", "ragionevolmente solidi".

E mentre la fiducia nei confronti di Silvio Berlusconi è oggi ai minimi storici (23%: il dimissionario Zapatero è al 21) vediamo allora una foto dell'andamento del governo in carica:

Popolarità del Governo Berlusconi in percentuale (Fonte sondaggio).
Ora non so: così, su due piedi, potrei anche sbagliare...

Ma a me questi non sembrano dati di un governo molto "solido e popolare".
Nemmeno "ragionevolmente".

A voi sì?


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