Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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domenica 28 agosto 2011

Gheddafi e il viale del tramonto.


[Dal Prof. Woland per la Città Invisibile]

Sì, lo so, Nassim Nicholas Taleb lo ha detto con estrema chiarezza: quando dopo aver scalato certe vette, specialmente se senza particolare merito, si incomincia a precipitare, non si è più in grado di arrestarsi. Eppure non me ne capacito.
Mi riferisco a Muʿammar Gheddafi.
Continuo a chiedermi perché non abbia provato a chiudere dignitosamente la sua straordinaria vicenda. Quando, credo soprattutto per un effetto domino, è arrivata anche in Libia la "primavera", non sarebbe stato meraviglioso se il Raʾīs avesse detto in un memorabile discorso alla nazione :
"Compatrioti, in questi decenni è stato necessario un regime che ha avuto come fine la difesa della nostra patria, dei nostri interessi economici, contro gli imperialisti americani, i colonizzatori italiani... ora la situazione è sotto controllo ed è giusto avviare una nuova fase della nostra storia. Il Paese è pronto per la democrazia. Io mi faccio garante della transizione. Affidatevi ancora una volta a me: entro sei mesi vi darò elezioni democratiche e subito dopo, in ogni caso, mi ritirerò a vita privata"
Io credo che nonostante tutto avrebbe avuto una chance per essere ricordato come un salvatore della patria.
Ecco invece che il volto di Gheddafi appare sui manifesti come quello di un outlaw nell'era dell' Old West con sotto la scritta dead or alive e l'ammontare della taglia, ecco che il Raʾīs s'appresta ad una fine ignominiosa che renderà terribilmente tragica la pagina di storia che lo riguarda e che rattrista anche noi che non l'abbiamo certo amato.

Del resto non a caso già Publilio Siro sentenziava:

                                             Stultum facit Fortuna quem vult perdere.


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