Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 1 agosto 2011

I tagli del Quirinale e la megalomania di Libero.

Sono veramente incredibili.

Quelli di Libero, al solito.

Come ricorderete, 19 luglio il quotidiano di Belpietro usciva con questa scandalosa prima pagina:



Tutti papponi, per Belpietro e soci. 
Tutti gli avversari del Caimano, si intende (nella vignetta né il Sire di Arcore, né uomini del PdL, notoriamente a digiuno da anni...).

Nella rete finisce anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. 
Risultato: sdegno generale.
E Maurizio Belpietro indagato per vilipendio.

Ma veniamo ad oggi, anzi a ieri.
Libero - in modo incredibilmente goffo e maldestro, a dire il vero - tenta la furbata: smarcarsi in qualche maniera dalle accuse di vilipendio plaudendo a Napolitano e contestualmente accaparrarsi i meriti della rigorosa politica anti-sprechi del Presidente della Repubblica.




E questa invece è la prima pagina di Libero ieri in edicola:


Testuale: "Napolitano si alza dalla tavola dei papponi: grazie Presidente".

E nel pezzo di Fosca Bincher si legge (grassetto mio):
Il passo poteva essere più deciso, ma dopo aver sbuffato insieme al Segretario Generale del Quirinale, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è arreso in pochi giorni alle richieste di Libero.
Chiaro dunque?
Se Napolitano, come il Quirinale ha annunciato, ha restituito 15 milioni di euro e ha detto no all'adeguamento dello stipendio è tutto merito di Libero!

E noi gli crediamo vero?

Urca se gli crediamo!

Soprattutto perché non avevamo mai visto il Presidente Napolitano imboccare la retta via prima delle rampogne di Libero.

Non lo aveva fatto nel 2007:


Né si era sognato di mettere mano a qualcosa di simile nel 2008:


Nulla di neppure lontanamente riconducibile ad oggi era avvenuto nel 2009:



E l'anno buono non era stato nemmeno il 2010:


Ugualmente, neppure il 2011 lasciava presagire qualcosa di simile da parte del Quirinale prima che Libero lanciasse il suo grido di dolore a luglio:


Come si vede, quello di Belpietro e soci è davvero l'emblema perfetto del giornalismo di denuncia.

... O forse da denuncia?


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