Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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sabato 20 agosto 2011

Libero, Bersani e la preoccupazione sovversiva.

In pratica funziona così: di' che nel paese non tira una bella aria - un'aria da gente inviperita con una certa politica e stanca dei privilegi a senso unico: un'aria pericolosa, in un aggettivo - e ti chiamano "avvoltoio", "uccello del malaugurio".

Mi riferisco agli amici di Libero, ieri, nei confronti di Pierluigi Bersani.

Guardate qua:

                             

Un'intervista del Segretario del PD al Messaggero trasforma Bersani in uno che sogna la piazza violenta e lo scontro di piazza.

Per via di queste parole:
«C’è in questo momento in Italia una paura, un’incertezza, un disamore e uno scoramento che non ha precedenti. C’è anche un distacco pericoloso dalla politica e dalle istituzioni: temo che questo dato sia largamente sottovalutato. La temperatura è molto più alta di quel che comunemente si pensi. Basta una scintilla perché queste cose possano sfociare in ribellismi. O può essere anche una tensione sorda e forse perfino più pericolosa, un disamore totale»
Che preoccupazione eversiva, eh?

Anche un bambino si accorgerebbe che i timori di Bersani appaino tremendamente fondati.

E invece no, Belpietro e colleghi devono costruire la notizia evocando l'immarcescibile spauracchio della sinistra no-global collusa coi centri sociali e cugina dei vari black-block di tutto il mondo.

Poi, come se non bastasse, ci infilano una balla grossa come una casa e si sentono a posto con la coscienza.
La balla è nel sommario, proprio sotto al titolo:
"Il Segretario del Pd non presenta nessuna controproposta".
Peccato che ben sei giorni fa (non sei minuti, né sei ore: sei giorni) Bersani e il PD abbiano presentato la loro controproposta in ben 7 punti, per altro di tutto rispetto.

Proposta per la quale, ad oggi, si attende ancora un cenno di riscontro dal Governo.

Ma agli amici di Libero questo non importa nulla.

Quello che gli interessa è essere pronti ad additare il loro colpevole se un domani, in qualche piazza d'Italia, dovesse saltare la mosca al naso a qualche facinoroso. 

Colpevole che non sarà l'autore del gesto, ma quello che definiranno come il mandante politico.

Che a sua volta, naturalmente, sarà chiunque ad eccezione degli autori primi dello smottamento della democrazia in Italia, quel Popolo delle Libertà che agli ordini del Sire di Arcore legifera da un ventennio come un sol uomo, invalidando di fatto la nostra repubblica parlamentare.

Così, il mandante politico delle eventuali mosche che salteranno al naso sarà, ad esempio, l'incendiario Bersani.

Che detto in altri termini sarebbe come incolpare dell'incendio di Roma chi - preoccupato - chiama a gran voce i soccorsi avendo visto qualcuno palesemente intento ad attizzare il fuoco già appiccato da Nerone.

Con grande religiosità, rendiamo tutti insieme grazie a Libero.

Per l'ennesima pagina di giornalismo dell'Italia che non vogliamo.


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