Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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martedì 2 agosto 2011

I partigiani della politica.

La Strage di Bologna, opera di Carlo Carosso.

Mettiamola così: ve lo immaginate se una certa squadra di calciatori (o di qualsiasi altro sport, naturalmente), la nazionale magari, si rifiutasse di scendere in campo in un determinato stadio perché solitamente in quella struttura, in quella città - o in quella nazione - i giocatori prendono bordate di fischi ben più generose che altrove?

Quante ne penseremmo sulla loro professionalità? Quante gliene manderemmo a dire?

E ora pensate ad un evento non sportivo, un evento in cui non c'è il sapore della vittoria che si profila all'orizzonte, né i coriandoli festosi a segnalare il gradino più alto del podio.

Pensate invece al sapore della polvere di un'esplosione e ai drammatici frammenti delle lamiere di una stazione ferroviaria ridotta a un cumulo di macerie.

Pensate alla tragicità delle vite spezzate; alla ferita di una società civile impossibile da rimarginare.

Pensate alla strage della stazione di Bologna.

31 anni fa, il 2 agosto, come oggi.

E pensando a questa ricorrenza riflettete per un momento alle occasioni emblematiche di quella funzione della rappresentatività che i nostri politici dovrebbero incarnare in quanto eletti, appunto, come  rappresentanti di ogni singolo cittadino.

Ebbene Libero - chi se no? - ci ha spiegato ieri candidamente per quale motivo, oggi, nessun rappresentante del Governo della Repubblica italiana sarà presente alla commemorazione per la strage di Bologna:


Nell'articolo si riportano, per chiarire meglio il concetto, le parole del coordinatore regionale del Pdl Filippo Berselli (grassetto mio):
"In passato ho partecipato alle celebrazioni e mi sono preso bordate di fischi. Mi sono stancato. Queste celebrazioni non sono più un momento di raccoglimento e di omaggio alle vittime, ma si sono trasformate in una strumentalizzazione politica e in un'occasione di attacco al Governo"
Ecco qua.

Questa è l'etica dell'impegno dei nostri politici di Governo, il senso del proprio ruolo istituzionale.

Per riprendere la metafora: se c'è da prendere applausi, scendono subito in campo; sono in prima fila a rappresentare l'Italia.

Altrimenti restano in tribuna e appendono momentaneamente le scarpe al chiodo.

Facciamo così: visto e considerato che gli applausi li avete solo da una parte - sempre più minoritaria - di quel popolo italiano che invece dovreste rappresentare per intero (senza distinguo di sorta), perché non cominciate col decurtarvi lo stipendio dell'equivalente in percentuale di quelli che non vi approvano?
A conti fatti, grosso modo, stando agli ultimi sondaggi, circa il 65% degli italiani.

- 65% al vostro stipendio di "partigiani della politica".

Dareste finalmente un bell'esempio di coerenza: per la serie "non rappresento, non percepisco".

A pensarci bene, in fondo, non è quello che chiedete ai dipendenti pubblici?

Loro non possono certo scegliere - come voi state facendo in questa occasione - di non andare a lavorare.

Persino la malattia, se supera un certo limite, gli comporta una decurtazione sullo stipendio.

Non vorrete mica darci modo di pensare che le regole valgano solo per noi e non per voi?

Mica per altro: sempre per quella storia dell'anello al naso.

Per quanta riguarda noi, sia ben chiaro, ci stringiamo attorno ai familiari delle vittime, idealmente al loro fianco.

Da cittadini della Repubblica.

La nostra Repubblica, almeno.

Non la vostra.

Oggi no.


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