Benvenuti nella città invisibile, ma non silente!

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

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lunedì 19 settembre 2011

Chi ha incastrato Silvio Rabbit?


Vorrei cercare di fare qualche riflessione sul putiferio scatenato dall'apertura del vaso di Pandora delle ultime intercettazioni.

Lasciatemi premettere soltanto che a leggere le 269 pagine dell'informativa Tarantini a cura della Guardia di Finanza (sì, le ho lette tutte... no, non mi sono divertito per niente) ci si immerge in una palude melmosa che ad ogni riga si fa più putrida e nauseabonda.

Quello che emerge è lo spaccato di un'Italia marcia nell'anima, un'Italia in cui i potenti vanno a braccetto con gli arrivisti e gli arrampicatori sociali - per non dire con i delinquenti - nel giocare la più infima partita di Risiko che la storia del nostro sventurato paese ricordi.

Decine, centinaia, migliaia di telefonate in cui gli interessi personali (relativi al sesso, agli affari o al potere poco importa) di alcuni frantumano e mandano sistematicamente in pezzi gli interessi e i bisogni di un intero popolo, alle cui spalle pesci grandi - anzi giganti - tramano operosi ed instancabili con pesci piccoli - anzi piccolissimi - arrivando in sostanza a ridefinire i contorni sociali di una nazione letteralmente colonizzata in tutte le sue realtà lavorative e amministrative (politica, televisione, industria, imprenditoria e chi più ne ha più ne metta) da un esercito di disinvolti figuri - uomini e donne - dai  meriti inesistenti (o indecenti), dediti come attività principale alla prostituzione del corpo o dell'anima per "essere" qualcuno (o qualcosa).

In questo quadro sociale apocalittico - leggetele queste pagine, non sto esagerando, credetemi - il ruolo del nostro Presidente del Consiglio è, purtroppo, ogni ora più chiaro, ogni ora più delineato.

I pasdaran del berlusconismo storico - su tutti, in prima linea come sempre, Giuliano Ferrara - fanno sempre più fatica a star dietro agli eventi ma non rinunciano al consueto giochetto del fumo negli occhi degli italiani - che pure, stando perlomeno ai sondaggi, sembrerebbero protagonisti di un timido risveglio - e lamentano il voyeurismo, il guardonismo, il numero delle intercettazioni subite e quant'altro.

Questo è quanto ha scritto Ferrara ieri sul Giornale (grassetto mio): 
Quel che emerge dalle intercettazioni non è reato, non è un crimine, ma è peggio: è un devastante errore politi­co. Un uomo di Stato non deve parlare con un telefonino pe­ruviano, non deve maneggiare i liquidi in quantità sconsi­derate, non deve trovarsi in mezzo a piccole intermediazio­ni con aziende pubbliche, non deve imbarcare una compa­­gnia di giro rutilante sugli aerei di Stato, non deve fare in pri­ma persona quel che l’amicizia il diletto o l’imbarazzante condizione di sorvegliato speciale gli suggerisce, e per giun­ta n­on deve a nessun costo essere esposto in questi compor­tamenti davanti a tutti. Incastrato. Questa è la parola giusto.
Tutto qui: un errore politico!

Occhio ai passaggi dell'elefantino, perché questo è il peggio della retorica:

L'imprudenza di parlare al telefono, non già la gravità delle macchinazioni che emerge dalle telefonate. 
Il maneggio di quantità di liquidi sconsiderato, non già l'indecente motivazione che sta dietro a quel movimento di denaro. 
La sfortunata circostanza di trovarsi in mezzo alle intermediazioni con aziende pubbliche, non già la colpevole interferenza di un uomo di governo.
La compagnia di giro rutilante sugli aerei di Stato, non già l'indecorosa macchina organizzativa i cui biechi meccanismi di reclutamento e di do ut des finiscono con lo scardinare i gangli della società civile.
L'essere esposto in questi comportamenti davanti a tutti, non già l'aver compiuto atti riprovevoli ed indegni.
Non tanto di un Presidente del Consiglio, badate. Di qualunque uomo.

Dico da tempo che l'unica, minuscola attenuante di cui Silvio Berlusconi avrebbe potuto godere in tutta questa vicenda sarebbe potuta essere la seguente: che tutti gli organizzassero cene, festini e via dicendo senza che lui retribuisse alcunché a nessuno e nessuna, senza prendere parte attivamente all'organizzazione operativa e alla progettazione degli eventi, senza che vi fosse un qualche dolo, senza un'intenzionalità nel danno, senza raggiri di alcun tipo. 
Quasi a sua insaputa, potremmo dire con una triste battuta ormai nota.

Ribadisco: sarebbe potuta essere l'unica, minuscola attenuante.

Ma leggete questa intercettazione (settembre 2008) in cui Berlusconi parla a Tarantini (grassetto mio): 
"Che cosa dici se chiamiamo anche Rossella che c’ha una ragazza che canta in Vaticano molto brava? Magari invitiamo anche Fabrizio Del Noce, il direttore della fiction della Rete Uno della Rai... Così le ragazze sentono che c’è qualcuno che ha il potere di farle lavorare..."
E un'ora dopo:
"Noi siamo messi così come uomini tu, io poi Carlo Rossella presidente di Medusa e Fabrizio Del Noce direttore di Raiuno e responsabile di tutta la fiction Rai... Sono persone che possono far lavorare chi vogliono... Ecco quindi le ragazze hanno l'idea di essere di fronte a uomini che possono decidere del loro destino... Ecco l'unico ragazzo sei tu, gli altri sono dei vecchietti però hanno molto potere".
Ecco: tutto quello che serve per qualificare i comportamenti di Silvio Berlusconi è racchiuso nelle parole in grassetto. 
La progettazione della trappola, l'inganno sottile, l'orchestrazione e l'allestimento di un contesto teso ad indebolire eventuali resistenze o comunque a motivare, incoraggiare, suggerire favori particolari che porteranno ad altri favori.

E' davvero tutto qui.

Prescindendo dal fatto che siano riconducibili ad un Presidente del Consiglio, quelle parole, quelle trame connotano in maniera definitiva il giudizio morale sull'uomo Berlusconi.

Nell'articolo citato, l'elefantino diceva anche: "sa di avere sba­gliato, deve scusarsi. Poi, il contrattacco", fingendo ancora una volta di ignorare la gravità dei comportamenti contestati e banalizzandone la natura.

Ma l'Italia non è così marcia dentro, anche se alcuni hanno lavorato sistematicamente per anni - e continuano a farlo - per renderla tale.

E chi oggi risulta "incastrato" lo è per averlo fatto con le sue stesse mani.

Gli italiani sa­ranno anche cinici ma non sono stupidi, scriveva ancora Ferrara.

Se davvero è così, caro Giuliano - e me lo auguro vivamente - Silvio Berlusconi, politicamente, ha i giorni contati.


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